Le mani di Monti
Dopo quasi un anno di governo il professor Monti può dirsi più che soddisfatto di quel che ha fatto. All’estero e tanti in Italia pensano abbia salvato il Paese e aiutato notevolmente l’Europa. Senza di lui la storia sarebbe stata diversa. Per un signore che ha preso la guida di un Paese sull’orlo del baratro non è un risultato da poco. Ma anche il professore ha un neo e sebbene la domanda possa apparire accademica è giusto porcela: perché non si sottopone al giudizio degli elettori? In che cosa è diverso dagli altri candidati a guidare il futuro governo per presumere di non dover essere legittimato dal voto? Considererebbe per caso che chiedere di essere eletto e scendere nell’area del voto sarebbe come sporcarsi le mani? E da quando in qua chiedere il voto ai cittadini è da considerarsi una cosa sporca? Comunque la si giri non si trova alcuna ragione che giustifichi la lontananza di Monti dalle urne. Eppure si sta discutendo del Monti bis, delle implicazioni che comporterebbe un altro governo guidato da lui, ma nessuno solleva la questione della sua candidatura al voto della primavera del 2013.
Il bello è che i grandi schieramenti (ammesso che esistano ancora) possono anche non lesinare lodi a suo riguardo ma stanno ben attenti a tenerselo lontano.
Come fosse un personaggio scomodo. Così il paradosso è che i partiti si preparano alle elezioni politiche indicando nomi considerati o logorati o fragili o che hanno come unico requisito l’essere nuovi, ma che sono comunque capaci di rivendicare una loro credibilità in caso di vittoria elettorale. Posizione impeccabile dal punto di vista delle regole della democrazia. Ma allora se il professor Monti può felicemente dire di avere ben governato, se può vantarsi del fatto che il mondo finanziario, l’Europa, gli Stati Uniti e la Chiesa auspicano rimanga alla guida dell’Italia, che cosa aspetta a mettersi in regola, liberandosi di quella definizione anomala di tecnico e sottoponendosi al voto come un qualunque altro candidato? Potrebbe farlo, a parer nostro dovrebbe farlo, perché il suo nome prevarrebbe sulla sua appartenenza a una lista anziché un’altra.
Intendo dire che sotto qualunque bandiera si presentasse lui resterebbe Mario Monti e non per questo verrebbe associato al partito di riferimento. Ritengo che anche un risultato elettorale non esaltante verrebbe comunque interpretato e non inficerebbe la sua credibilità e il suo prestigio. Al contrario i vantaggi che deriverebbero sarebbero notevoli, perché non avremmo più un governo tecnico ma un governo politico. E se il prossimo governo fosse guidato da un Monti che rimanesse fuori dal voto, anche se avesse tutti i ministri politici, sarebbe comunque il governo di un tecnico.
E perché mai la democrazia dovrebbe essere umiliata a tal punto dall’essere ignorata proprio da quell’italiano che tanti ritengono l’unico capace di salvare l’Italia? Sarebbe un messaggio estremamente negativo se non pericoloso.