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Si uccide allo stadio, giocano lo stesso: se la vita di una persona vale meno di una partita di calcio

Un sessantenne di origine romena si è tolto la vita nella biglietteria dello stadio di Lugagnana (Venezia). E’ successo domenica, prima che si giocasse la partita fra il Lugugnana, capolista del girone O della Seconda Categoria veneta e la Libertas Ceggia. Incredibilmente, l’incontro si è disputato comunque. Nessun lutto, nessuno stop, nessun dolore.
Ha osservato Don Roberto Battel, parroco di Lugugnana: «E’ la dimostrazione che la vita di una persona non vale niente».

Il sessantenne si è impiccato a una trave del soffitto. «Sinceramente penso che sarebbe stato opportuno non giocare – ha dichiarato il vicepresidente del Lugugnana, Mauro Guglielmini – però, considerando che la biglietteria non è dentro al campo e che entrambi i presidenti volevano disputare la partita, si è continuato. Abbiamo vinto 6 a zero e siamo in testa alla classifica, ma non è stata una grande vittoria morale».

“Non è stata una grande vittoria morale”: capito come va il mondo? E la pietà? Dove diavolo è finita la pietà?

Di fronte alla tragica morte di un uomo, dentro lo stadio, bisognava proprio giocare? No, assolutamente no. Era così difficile rinviare la partita? Cos’è, non c’era una data libera nel calendario dei dilettanti?

Ha osservato ancora Don Battel, intervistato da corriere.it: «Anch’io sono un appassionato di calcio, ma giocare una partita dopo quanto successo dimostra che la vita non vale niente. Oggi la vita di una persona vale solo se è un politico o ha un ruolo nella società”. Riposa in pace, sconosciuto romeno. E perdonali, se puoi.

Xavier Jacobelli