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Lettera ad un leghista

Non sono padano, non sono terrone, sono un po’ un po’.

Pensavo, però, che le mie Marche, davanti a certi snobbismi e razzismi bagnati di Po, potrebbero tranquillamente camminare da sole. Magari insieme a Umbria, Lazio, Romagna ed Emilia. Ma sì, torniamocene allo Stato Pontificio. Il Papa re. Altro che celodurismo. Celomoscismo. Altro che devolution. Involution. Tutto a sua maestà il pontefice. Altro che laicismo. Cattolicismo. Esasperato. Lo Stato è la Chiesa e la Chiesa lo Stato. Altro che ampolle del Po. Ampolle del Tevere, il sacro fiume che consacrò Roma, caput mundi. Non a lavorare, ma a pregare. Mattina e sera. Altro che soli padani, tramonti vaticani. Altro che piatta pianura padana, vivaci colli, monti azzurri e vette elevate di culture e sapienza. Così, coccolati dall’immobilismo vaticano, cammineremo dritti verso il progresso. Con le nostre eccellenze: industrie calzaturiere, mobilifici e tutto ciò che l’arte umana ha concepito di meglio. Chi starebbe meglio di noi, cari padani?

Noi, papalini, vivremmo nel regno del benessere, eppure non abbiamo mai lanciato proclami idioti in nome di una fasulla cultura fatta di feticci e balocchi costruiti da fantomatici Alberti di Giussano.

Checchè se ne dica, anche voi, cari confinanti padani, siete italiani perchè le vostre invettive le sparate in questa lingua. L’Italia non s’Italia.