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Israele, Netanyahu tira il fiato. Il nuovo centro: non faremo blocco. Lapid, rivelazione del voto, esclude l’ostruzionismo con arabi e laburisti

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 LA NUOVA stella della politica israeliana Yair Lapid spiana la strada al ridimensionato Benjamin Netanyahu. La Camera è divisa letteralmente a metà: sessanta deputati di centrodestra e delle formazioni religiose, e sessanta
 centristi, laburisti e arabi (otto). Lapid, 49 anni, ex scrittore e  anchorman televisivo, fondatore all’inizio del 2012 di ‘Yesh Atid’, forte di 19 o 20 seggi, figlio dell’ex ministro Tommy, si esibisce in un annuncio cruciale: «Non faremo alcun blocco di ostruzione. Certamente non ci affideremo a Hanin Zoabi (ndr, una parlamentare araba)». L’idea della laburista Shelly Yachimovic, 15 seggi, terza forza nel Parlamento  monocamerale, è così già respinta.
 Nella prima telefonata di martedì sera il primo ministro uscente aveva immediatamente aperto le porte alla rivelazione Lapid: «Abbiamo l’opportunità di fare grandi cose assieme». L’ex Ministro degli esteri Avigdor Lieberman gli offre il ministero delle finanze.Ieri, dopo aver perso 11 seggi passando da 42 a 31, Netanyahu ha ribadito che «in primo luogo bisogna impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari». Ma ha inserito anche punti che sembrano ricopiati dai cavalli di battaglia di Lapid, come alloggi a costi accessibili e «la equa suddivisione del fardello» del servizio  militare obbligatorio, 3 anni per gli uomini e 2 per le donne.
 
 GLI ULTRAORTODOSSI, gli haredim delle scuole rabbiniche, sono tutt’ora esentati dall’obbligo delle armi. L’impoverimento della classe media e la
 coscrizione obbligatoria per tutti sono temi cari a Lapid e al leader del
 quarto partito del Parlamento, il ‘Focolare ebraico’ di Naftali Bennet, 11
 seggi, guidato da un uomo che ha fatto i miliardi nel mondo dell’alta
 tecnologia, un leader dei coloni che non ha mai abitato in un insediamento.
 
 L’ANNUNCIO di Netanyahu sembra preludere a un tentativo di coalizione con i centristi che potrebbe includere anche ‘Hatnuah’, la compagine dell’ex ministro degli esteri Tzipi Livni, 6 seggi. L’alleanza radunerebbe 67  parlamentari su 120. Lo scoglio sommerso resta il negoziato con i palestinesi. Lapid annuncia che non farà mai parte di un governo che non
 riprenda il dialogo entrato in fase di stallo totale dal 2009, quando
 Netanyahu è diventato primo ministro. Bennet invece chiede addirittura
 l’annessione del 60 per cento della Cisgiordania. Ma anche la disponibilità
 dell’ex anchorman è risicata. Non ha infatti alcuna intenzione di
 abbandonare Gerusalemme est, rivendicata dai palestinesi come loro capitale.
 La base del suo successo e di quello di Bennet è la borghesia di Tel Aviv,
 stanca della guerra infinita. Sembra di intuire che Netanyahu possa essere
 disponibile a rinunciare ai partiti della destra religiosa, lo Shas  sefardita, 11 deputati, e il Fronte della Torah Unita, ortodossi aschenaziti, 7 seggi. Il presidente Peres comincerà le consultazioni mercoledì. Hanan Ashrawi, storico membro del comitato esecutivo dell’Olp, annuncia il suo pessimismo: «Non credo che la pace sia all’orizzonte». Nabil Abu Rudeineh, portavoce di Abu Mazen, elenca due condizioni: «Fermare le colonie e riconoscere la risoluzione dell’Onu che ha dato alla Palestina il rango di stato osservatore nei territori occupati nel 1967». Ieri a Hebron e  a Betlemme sono stati uccisi due palestinesi.