Non solo faccia da schiaffi, anche piedi di velluto e senso del gol. Non solo i segni di una guerra atroce che rende i grandi irremovibili e i ragazzi, forse per contrasto, fin troppo disponibili alle leggerezze della vita. Vedendolo ballare contro l’Inter, domenica sera, anche Delio Rossi e Mihajlovic avranno capito che Adem Ljajic ormai è cresciuto. Che i ceffoni non servono più. Che le sue notti giovani durano fino all’alba solo quando è in vacanza. Che anche se non canta l’inno con la mano sul cuore e non prega la Madonna di Medjiugorie alla Nazionale serba potrebbe comunque far comodo. E bravo Montella che lo aveva capito prima di tutti, lottando perchè in estate il grande incompiuto non arrivasse a compimento in un’altra squadra.
Certo, una partita da campione dopo tante da eterna promessa non basta certo a svoltare. Ma fa bene all’umore (suo) e all’amore (dei tifosi), serve a guadagnare stima e fiducia, nonchè a rivalutare le cose migliori degli ultimi mesi: poche, forse, ma molto buone. Per esempio la classe purissima di certi colpi, lo spirito di sacrificio nei momenti in cui le partite si mettono male, l’intesa e la disponibilità a collaborare con qualunque partner d’attacco, l’umiltà con cui si pone di fronte ai consigli e ai riproveri dei compagni più esperti e dell’allenatore, la dedizione che mette in allenamento tutti i giorni per correggere i difetti di un giocatore con una gran voglia di sfondare ma ancora al grezzo. Un tipo di atteggiamento che lo rende utile alla squadra, in campo e nello spogliatoio, anche quando non segna. Oltretutto con grandissimi margini di miglioramento, vista l’età.
E se fosse meglio di Jovetic?