C’era una volta la raccomandata A/R, quella consegnata a mano dal portalettere in cambio della firma sulla ricevuta di ritorno. A scanso di equivoci. Oggi invece, grazie alla posta elettronica certificata, si possono perdere per strada persino le notifiche di un tribunale e se qualche avvocato poi ci marcia è perché la legge glielo consente, lui fa solo il suo mestiere.
Comincia così il processo per la strage ferroviaria di Viareggio, con i familiari delle vittime che dopo aver atteso quattro anni l’appuntamento con la giustizia aggiungono al dolore la sgradevole sensazione della beffa annunciata. L’udienza preliminare si chiude con un rinvio al 2 aprile, per poter esaminare le richieste di costituzione di parte civile (oltre 100), e con cinque posizioni stralciate per difetto di notifica, appunto. Sul piano pratico cambia poco perché è molto probabile che tutte verranno riunificate nell’udienza del 22 maggio già fissata da tempo. Ma è lo schiaffo morale che fa male ai familiari, perché lo stralcio riguarda quattro società coinvolte e cioè Rfi, Trenitalia, Fs Logistica e Cima (quest’ultima addetta alla manutenzione).
“E’ il loro gioco, lo fanno apposta perché sanno che più passa il tempo più si indeboliscono le nostre forze, ma noi non molliamo” dice con un misto di rabbia e di scoramento Andrea Maccioni, che nella strage ha perso la sorella e due nipotini. Ma il Procuratore di Lucca, Aldo Cicala, lascia intendere che non poteva agire diversamente: “Abbiamo inviato le mail di notifica per posta certificata, alcuni difensori non l’avevano nonostante fosse obbligati e hanno fornito alla Procura un semplice indirizzo di posta elettronica. E ora sostengono di non aver ricevuto quelle mail”. Da qui la contestazione del difetto di notifica accolta dal giudice. Ma insieme la rassicurazione che “i tempi non si allungheranno”.
La giornata si era aperta con un breve corteo per ricordare la terribile notte del 29 giugno 2009, quando un vagone cisterna in transito dalla stazione di Viareggio fu squarciato da un “picchetto” o da una “zampa di lepre” (questo l’oggetto del contendere in sede processuale), che provocando la fuoriuscita di gas causò la morte di 32 persone e la distruzione di un intero quartiere. Sfilando dal parcheggio all’ingresso del polo fieristico dove il Tribunale di Lucca si è trasferito per ospitare il maxiprocesso, i familiari hanno esposto le foto dei loro cari e gli striscioni, fra cui uno molto commovente che riunisce i disegni di tanti bambini. Ad attenderli, tutti i rappresentanti dei Comuni versiliesi meno uno: Viareggio. Domenico Mannino, il commissario, ha spiegato che non voleva condizionare il procedimento con la sua presenza. Ma volendo poteva bastare il gonfalone. E che dire di Lunardini, altro illustre assente? Forse l’ex sindaco è rimasto vicino ai familiari solo per dovere? Fatto sta che il governo della città offesa e ferita, così come la Regione, ha inviato solo i propri legali. In compenso anche loro si costituiranno parte civile, insieme alla Provincia di Lucca (rappresentata personalmente invece da Stefano Baccelli), la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Cgil nella persona del segretario Susanna Camusso. Non si sono visti neppure i 32 indagati fra i quali spicca Mauro Moretti, ad delle Ferrovie dello Stato, che entreranno in aula solo con l’inizio del processo vero (probabilmente a settembre).