5300-3Impossibile non riconoscerli da lontano, i libri della Memoria di Sellerio. Così piccoli e compatti, carta gialla, copertina in cartoncino leggero, dominata da una foto o più spesso da un’opera d’arte, e poi quell’inconfondibile blu. Impossibile non prenderli in mano e difficile, se in casa ne abbiamo più di uno, non tenerli affiancati uno dopo l’altro, nella propria libreria.

Più comprensibile non conoscerne la storia o i tanti piccoli segreti. Eppure a qualcuno non saranno sfuggite due o tre ricorrenze. La preponderanza di alcuni nomi, ad esempio, come quello di Leonardo Sciascia, che quella collana l’ha ispirata, così come la casa editrice. O di Gesualdo Bufalino, lo schivo siciliano che il mondo ha scoperto proprio grazie a Elvira Sellerio, e idem di Andrea Camilleri, che negli anni Novanta è arrivato col suo Montalbano a salvare baracca e burattini dal fallimento, puntuale e salvifico come il VII cavalleggeri nei film western, come lui stesso ama dire.

Ma ci sono altri due particolari fondamentali. Il primo è la preponderanza dei libri gialli. Tanti, tantissimi, bellissimi, tra scoperte italiane – l’ultima degna della storia che porta al collana è Marco Malvaldi, coi suoi vecchietti del BarLume -, e le riscoperte di classici stranieri dimenticati o incredibilmente poco noti in Italia.

La seconda è la mancanza sistematica, in collana, dei numeri tondi a tre cifre: non esiste il duecento, il trecento, il quattrocento. Saltati a pie’ pari, e per accorgersene basterebbe concentrarsi sul rigo lasciato libero nell’elenco dei titoli, alla fine di ogni libro. Un’assenza eclatante, in bella mostra eppure, come l’assassino nei libri gialli, invisibile agli occhi. Due le eccezioni: il numero 100, ‘Cronachette’, l’ultima raccolta di racconti di Sciascia. E questo numero 1000, in libreria da pochi mesi, dedicato alla memoria di Elvira Sellerio, la signòra palermitana dei libri. O meglio l’artefice, l’editrice, l’inventrice.

Figura eclatante eppure poco nota al di fuori degli addetti ai lavori, esclusa quella volta che accettò di fare la consigliera in Rai insieme ad altri ‘tecnici’ del settore. Ma numerologia a parte, ‘La memoria di Elvira’ (2015, Sellerio, 10 euro), un’eccezione lo è già di per sé. Non in quanto antologia tematica (ce ne sono tante ne La memoria, dedicate ai giallisti ad esempio), ma perché per la prima volta, dopo più di trent’anni, e per un solo numero, il velo si squarcia per farci guardare dietro le quinte della casa editrice.

Ecco allora emergere i racconti, tanti, degli scrittori alle prese con il proprio editore, con l’ansia della prima pubblicazione, la paura di non avere risposta, del ‘forse è meglio lasciar perdere’. E siccome sono gli scrittori che amiamo, l’emozione è doppia nel sentirne i racconti. Mille loro e una lei, l’editrice, con una passione smisurata per le storie e una memoria di ferro. Un esempio su tutti, quello di  un esordiente dell’epoca, Francesco Recami, che Elvira Sellerio telefonò ben diciotto anni dopo l’invio del manoscritto, per chiedergli: “Signor Recami, ma perché poi non l’ha più voluto pubblicare quel suo libro?”.

E lì si fanno altre due scoperte sconvolgenti: 1) che l’incubo di ogni esordiente, la lettera di risposta che si smarrisce nei meandri di un ufficio postale, esiste davvero, ed è sul serio dietro l’angolo. 2) Che una manager a capo di una casa editrice di media grandezza e carattere ormai internazionale, salito agli onori delle cronache nel 1978 a pochi anni dalla nascita con un’ironicissima e preveggente accusa alla Dc e alla Prima Repubblica, ‘L’affaire Moro’ di Sciascia, e che riceve ogni giorno decine di manoscritti, così tanti da averci stipato una stanza intera nella sede di via Siracusa, a Palermo, in realtà li legge quasi tutti e ne conserva memoria. Anche trent’anni dopo.

Continuano su questo stile i bei ricordi su Elvira, scoprendo da signorina faceva Giorgianni, che era la prima di molti figli, che lesse molto nell’infanzia, che si sposò al fotografo Enzo Sellerio e che a un certo punto si licenziò dal posto fisso da dipendente pubblico (il sogno di molti già all’epoca) per fondare, con la liquidazione, una casa editrice in Sicilia. Apre la scia di ricordi, ovviamente Camilleri, la più grande scoperta di Elvira. Il papà di Montalbano racconta il suo arrivo a Palermo, le discussioni davanti a una birra, i consigli preziosi e le indicazioni, poi la scoperta del successo. Con le sue controindicazioni. “E inevitabile che tu un giorno o l’altro finirai col mettermi le corna – dice Elvira Sellerio ad Andrea Camilleri -. Ma attento: posso perdonarti solo se mi tradisci con Marilyn Monroe e non con una donnetta qualsiasi”. E fu così, spiega lo scrittore, “che ebbi l’autorizzazione a firmare il mio primo contratto con Mondadori”.

Sono affreschi romantici di una donna fra i libri, questi racconti della Memoria, conditi dai lampi di genio di una mente fervida, imprenditrice cosmopolita in una provincia fatta di spine, periferia di un paese e un’età dominate dalle bassezze morali e dalla bassa cultura televisiva. E ce n’è per tutti, in questo libro, ma soprattutto per lei. La ‘signòra’, che accoglie i suoi scrittori nella sua casa, dove cura insieme i libri, l’educazione dei figli e quella degli italiani. Che prima di lei non avevano Memoria e oggi ne hanno un’enciclopedia. Ineffabile, tascabile. Fatta di mille tomi. Con mille nomi sui frontespizi e mille storie diverse, ma un solo volto: quello scelto per la copertina di questo numero mille e ci mostra una donna, tra i suoi libri.