Dicono sia il suo libro più bello, ‘Il matrimonio di mio fratello‘ di Enrico Brizzi (2016, Mondadori), e forse non hanno tutti i torti. Più bello di ‘Jack Frusciante è uscito dal gruppo’, il bestseller mondiale e caso letterario del 1994, quando Brizzi aveva a malapena diciott’anni fatti? Certo che sì, ma serve fare una premessa. Quell’autore lì, letterariamente parlando, non esiste più da tempo. Forse, anzi, non è mai esistito.

Non per sminuire: è grazie alla potenza poetica e alla freschezza di Jack Frusciante che tutti noi lo conosciamo. Ma inondare il mercato globale a 18 anni  porta con sé una serie di questioni. La prima, chiaramente, è che nessuna delle opere successive, a meno di non fare Moccia o Fabio Volo, potrà o vorrà mai coprire davvero tutto quel mare di adolescenti.

La seconda, diretta conseguenza, è che quel mare di lettori primi, a un certo punto si è diviso in due: quelli che ‘Brizzi ha fatto Jack Frusciante, poi è sparito’. E quelli, per fortuna molti, che il vecchio Alex lo hanno seguito e ritrovato pezzo per pezzo nella straordinaria ed eterogenea produzione di Brizzi Enrico. Sconfinata: dai libri di viaggio a piedi ai mondi cupi di ‘Bastogne’ o ‘Razorama’. Passando per la straordinaria (stra-or-di-na-ria) epopea della fantastoria aperta con ‘L’inattesa piega degli eventi’: un mondo strano e sordido in cui Mussolini non ha firmato le leggi razziali ed ha cambiato alleati sottobanco, premiandosi col potere duraturo e condannandoci a mezzo secolo di dittatura soft.

Finendo, ma è un elenco riduttivo, con i diari dei nostri tempi, di quella generazione passata, a Bologna e in Italia, dai racconti dei nonni partigiani alle donne poppute del ‘Drive In’ e, da lì, a capofitto, agli anni del berlusconismo e del post-berlusconismo. Ecco, visto da qui ‘Il matrimonio di mio fratello’ è il suo romanzo più bello. Perché mette in ordine tutte le storie, dalle fantasiose invenzioni di personaggi come Alex, Oscar Firmian e Lorenzo Pellegrini, ai frammenti di realtà sparsi in decine di libri, e li incasella in un potente romanzo di formazione.

O un libro-summa se si vuole, ma solo a un patto: che si sappia discernere tra le storie e la realtà, i punti di coesione e l’originalità di Max Lombardi e della sua famiglia. Gli occhi sono quelli di suo fratello minore, Teo, diversissimo dal primogenito eppure a lui così aderente. Ed ecco il primo blasone: se Brizzi aveva voglia di descrivere quanto possa essere indissolubile un legame familiare, forse ai limiti del dramma e dell’autodistruzione, ci è riuscito perfettamente. Ripercorrendo la storia dei due fratelli, dall’infanzia felice ai fasti dell’ascesa nell’Olimpo, fino ai cocci della caduta, il dato che emerge più forte è quanto le due vite agli antipodi di Max e Teo siano simili e collegate. C’è un figlio ribelle e uno probo, c’è il libertino e il padre di famiglia, c’è l’assennato e il pazzo furioso e nessuno, fino all’ultima pagina, potrà definitamente apporre la propria etichetta su uno dei due, ciò detto al netto delle facili apparenze.

In mezzo c’è davvero di tutto. Il fascino del successo, l’affetto familiare, il destino cinico, la mano dell’uomo, la forza della determinazione e il vento che ti scava controvoglia. Un mondo fantasioso e completo, che magicamente si interseca con la Storia vera di Tangentopoli e dei ’90 rampanti, della crisi del Duemila e della lenta risalita. ‘Il matrimonio di mio fratello’ in questo non lascia spiragli: va letto tutto e tutto d’un fiato, per ricomporre i pezzi di un puzzle fatto di pezzi di romanzi, di storie, di vita reale e di dubbi rimasti sedati per anni. In questo sì, è un libro enciclopedico: potenzialmente contiene tutti i seguiti dell’opera di Brizzi, Frusciante compreso.

Universi mescolati insieme mirabilmente, in un equilibrio precario in cui tutto finalmente si compenetra. Perlomeno finché due mani sapienti non ci mescoleranno di nuovo le carte. Non è per nulla escluso, anzi, che non lo stiano già facendo. Solo a quel punto il dubbio di non aver ancora capito tutto dell’universo brizziano si insinuerà di nuovo. Ma è meglio non pensarci adesso: la festa è ancora nel vivo, e gli invitati un po’ alcolici urlano ‘ba-cio, ba-cio’. Chi non l’ha ancora fatto – e sia vestito in modo degno – può avvicinarsi al ricco tavolo del buffet al modico prezzo di 22 euro.