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Musica / Stella Maris, la quarta vita di Umberto Maria Giardini

Circola in giro da tempo in città, Umberto Maria Giardini. Marchigiano di Sant’Elpidio, 49 anni, naturalizzato bolognese, vigile del fuoco di professione. Icona indie fin da quando l’indie non aveva neppure questo nome. E tanto meglio, visto che l’etichetta in questione, si è sempre detto, è diventato col tempo un cesto da supermercato dal quale si può pescare praticamente di tutto, nel bene e più spesso nel male. Ma indie nel senso di indipendente, di pensiero e di note, quello sì, si può ancora esserlo. Giardini lo ha dimostrato una volta per tutte quando smise i panni di Moltheni. Un addio complicato, perché a quel cantautore, così graffiante, originale e profondo, dal 1999 in poi si è attorniato uno zoccolo duro di fan veri e accaniti che ancora oggi resiste.

Fu un nome di successo Moltheni, ora si può dirlo, anche se non finì praticamente mai in radio. Ma andò a Sanremo e prima ancora aprì i concerti di Carmen Consoli, guadagnandosi al primo contatto un piccolo popolo di appassionati che non lo abbandona tuttora. Anche se Moltheni non esiste più: nel 2009, preso atto di non poter andare oltre, crescere ancora, Umberto Giardini con dignità disse Moltheni ha fatto il suo tempo e ora sparirà, poi lasciò il microfono per tornare nelle retrovie, dietro alla batteria con i Pineda. Fu uno spettacolo vederli, i Pineda, anche se durarono poco. E anche se mai Moltheni cedette al fascino di tornare ogni tanto sul fronte del palco, magari per strappare qualche titolo in più sulle stampe locali.

Sparirono anche i Pineda, e seguirono seguirono quattro dischi col nome d’anagrafe, Umberto Maria Giardini. Dischi ben fatti, appassionati.  L’ultimo recentissimo è ‘Futuro Proximo’: e neanche il tempo di apprezzarne la maturità che ecco l’autore tornare a galla con una nuova pelle. Stella Maris (band e disco omonimo, edito da La Tempesta Dischi”) è un progetto nato per caso, per divertirsi. Una stella marina vista dal fondo che piano piano, coi movimenti di grancassa, si è spinta in superficie. È soprattutto la quarta vita di Umberto Maria Giardini. Dieci brani vibranti, divertenti e un po’ cinici, dai forti sentori di rock anni ’80, che Giardini ha confezionato con Ugo Cappadonia, Gianluca Bartolo dei Pan del diavolo, Ema Alosi e Paolo Narduzzo. Un mondo perfettamente in sincrono, sebbene così distante, da quel Moltheni che non può essere dimenticato, ma neppure rimpianto, ché la creatività è un mare vasto e ancora largamente inesplorato. Basti guardare alle quattro vite di Giardini.

Simone Arminio