Il WGC Bridgestone, appena concluso sul percorso di Firestone, ha evidenziato ancora una volta come la componente mentale giochi un ruolo determinante nel nostro sport. Al via delle ultime 18 buche, volendo essere generosi, si potevano includere quattro giocatori in grado di competere per la vittoria. Ovviamente i leader Jim Furyk e Justin Rose, ma anche Bubba Watson e Shane Lowry. Tutti sappiamo che ha vinto quest’ultimo ma com’è arrivata la vittoria?
Di fatto Lowry ha sbagliato meno degli altri ed è stato glaciale nei momenti clou. I momenti salienti del proprio successo sono stati il secondo colpo alla buca 10, quando ha fatto volare la propria palla sopra non si sa a quali piante (un colpo talmente alto che neppure le telecamere lo hanno ripreso) facendola atterrare a distanza da “facile birdie”, e i due putt imbucati alla 14 e alla 17 per salvare il par. L’irlandese ha sbagliato, così come hanno fatto i tre avversari, ma ha mantenuto maggiore lucidità proprio nei due recuperi sui green che, in un campo come Firestone, sono bastati per fare la differenza. In passato non era stato così ma nelle ultime 18 buche è sempre stato positivo e fiducioso.
La mente ha giocato l’ennesimo brutto scherzo a Jim Furyk. Undici secondi posti o peggio in altrettante gare nelle quali ha disputato l’ultimo giro da leader. Probabilmente neanche Bob Rotella potrebbe far qualcosa per il veterano americano che ha collezionato un’infinità di top ten, tanti soldi ma certamente anche frustrazione. I suoi tee shot perfetti nelle ultime 9 buche sono diventati erranti e dal rough, uno come lui che ha in mano sempre due ferri in piũ degli avversari, non è riuscito a limitare i danni.
Justin Rose è inciampato sul green laddove, nel giro precedente, aveva esaltato l’ottimo gioco lungo. Almeno tre i colpi lasciati dall’inglese dalla media/corta distanza con le impietose superslow a farci vedere come la pallina non venisse colpita con il centro del putter. Tecnica? No, non sul putter per un giocatore di questo livello. Solo la fiducia che viene a mancare.
Discorso diverso per Bubba Watson. Il mancino è strepitoso con il driver in mano. Sappiamo che è il piũ lungo al mondo. Nell’ultimo giro è stato anche molto preciso spaccando in due molti fairway. Il problema è stato il wedge. Proprio così. Da 80 metri è parso un giocatore di circolo. Certo, scratch, ci mancherebbe. Bubba ha messo solo una volta la palla attaccata all’asta lasciandosi troppo spesso i putt per i birdie da 8/10 metri con una percentuale di realizzazione che cala inesorabilmente.
Ma allora serve passare ore in campo pratica sino a farsi venire i calli, o disputare buche su buche se poi è sufficiente sbagliare un primo putt da 60 centimetri per veder minato il lavoro di settimane? Forse sarebbe piũ opportuna una bella seduta da un mental coach o, meglio, una birra fresca (scura come quella che si è bevuto Lowry per festeggiare) e non pensarci piũ, almeno sino al prossimo torneo!