L’ultimo major della stagione ha sancito un nuovo numero uno al mondo:Jordan Spieth. Il giovane americano, che difficilmente riuscirà a far dimenticare Tiger Woods agli appassionati a Stelle e Strisce, è salito al primo posto del ranking mondiale grazie al secondo posto nel quarto major della stagione, dopo aver conquistato un quarto e due vittorie nei precedenti. Il distacco sul nordirlandese Rory McIlroy, scalzato dalla posizione di dominatore anche per lo stop di oltre un mese che non gli ha permesso di disputare un major e un WGC, è risicato e non sono assolutamente da escludere nuovi avvicendamenti. I due sono molto giovani, Spieth classe 93 e McIlroy 89, e fanno prospettare un lungo periodo di sana rivalità che non potrà far altro che giovare a tutto il movimento legato alle palline con le fossette. Alle loro spalle, seppur a debita distanza, è salito il vincitore del PGA Championship: l’australiano Jason Day.
I tornei di golf non si disputano a eliminazione diretta, come quelli di tennis, ed è impossibile che il trio possa vincere ogni gara come invece avviane nelle competizioni delle palline gialle. Quello che invece è certo è che li vedremo sempre a lottare per la vittoria, almeno nei tornei importanti. Inoltre i tre rappresentano altrettanti continenti e questo non può che giovare in vista delle Olimpiadi del 2016 in Brasile quando il golf tornerà tra le discipline in programma.
Se l’intrigante aspetto sportivo di aver sempre gli stessi protagonisti è stato mutuato dal tennis in maniera involontaria, dopo gli anni prosperosi di dominio di Tiger Woods, ne esiste un altro per il quale è necessario un vero e proprio cambiamento epocale. Si tratta della gestione mondiale dei tornei. Il golf professionistico mondiale è costellato di Tour dislocati nei diversi continenti. Il PGA Tour è quello con il maggior numero di sponsor e fascino. Quello europeo è in forte crisi mentre è in crescita, ma privo di appeal, quello asiatico. Ne esistono poi uno australiano e uno sudafricano. Oltre ai circuiti maggiori ciascun continente ha la propria “serie B” (Web.com in USA e Challenge Tour in Europa) e anche la serie C o mini tour locali.
Questo frazionamento crea diverse conseguenze. I migliori golfisti tendono a giocare laddove ci sono maggior visibilità, denaro e punti del ranking mondiale. Di fatto si sta assistendo a una migrazione Oltreoceano poiché i numerosi impegni non consentono di essere competitivi giocando entrambi i tour (PGA ed European). Gli sponsor, che già in questo periodo storico economicamente complicato non si trovano dietro l’angolo, impegnano i propri soldi dove giocano i migliori e così il movimento rischia il collasso.
Europa e Stati Uniti hanno da tempo avviato un dialogo perché il destino sembra segnato ed è quello già percorso dal tennis con la creazione di tornei di diverso livello sparsi per il mondo. I Masters 1000 sono i più importanti e i migliori giocatori al mondo sono obbligati a prenderne parte. Poi ci sono gli ATP 500 e 250 con montepremi minori e presenza sporadica dei “Big”. Il golf deve seguire questa strada per poter continuare ad avere un seguito planetario, altrimenti il rischio è quello di avere un Tour a Stelle e Strisce che scontenterebbe tutti: da una parte gli appassionati di altri paesi che si limiterebbero a seguire i tornei in TV spesso a orari scomodi, dall’altra quelli americani che vedrebbero un’invasione di giocatori stranieri a “saccheggiare” i propri tornei. La creazione di un unico tour mondiale potrà anche essere l’occasione per il rilancio del golf femminile, praticamente sparito in Europa e in grande crisi negli States, proprio per il dominio delle numerose giocatrici orientali.
La via è segnata, bisogna iniziare a percorrerla, ma senza perdere altro tempo.