In  Cina cominciano a preoccuparsi dei toni che sta assumendo la battaglia tra i candidati repubblicani alle elezioni del 2012,  di fatto un duello – allo stato attuale – tra l’emergente plurimilardario Mitt Romney e l’inossidabile pluridivorziato (ma caro ai conservatori) ex speaker della camera  Newt Gingrich. Romney in particolare pone l’accento su un deciso ritorno degli Stati Uniti a quel ruolo di superpotenza che anni ed errori hanno appannato.  E in quest’ottica sfrutta come può temi roventi cone il pericolo nuclerare  iraniano e la crescente “minaccia” cinese, evocando preoccupazioni non solo di tipo economico ma anche strategico.

Il China Daily, giornale in inglese pubblicato a Shanghai, protesta e attacca la “strumentalizzazione”  della Cina. Le accuse rivolte da Romney al Dragone (“è colpa della Cina se siamo in questa situazione”) non solo sono false – scrive un editorialista – ma rischiano anche compromettere gli sforzi diplomatici delle due potenze, alla ricerca di un’intesa malgrado  le decise divergenze in politica estera ed economica.

Già perché neppure con l’amministrazone democratica le cose vanno granché meglio. Anzi. Obama ha rimbeccato più volte Pechino per la mancata svalutazione del Remimbi. E sostenendo che è  finito il tempo delle “guerre lunghe” dell’ultimo decennio, ha spostato l’attenzione della Casa Bianca dal Medio oriente alla regione Asia-Pacifico, con un obiettivo primario: “contenere” la Cina.  E così, sua pure in modo soltanto ufficioso,  torna la parola “contenimento”, leit motiv dei testi storici sulla Guerra Fredda. Allora la politica del  “containment” era rivolta contro il comunismo sovietico, ora nel mirino c’è il comunismo di mercato di Pechino. E difficilmente la politica estera americana dei prossimi anni  sarà diversa a seconda di chi vincerà le elezioni. Perché se Romney demonizza la Cina, Obama continua a vendere armi a Taiwan, manda navi e marines in Australia e accoglie l’invito delle Filippine a rafforzare la sua presenza militare nell’area per contrastare una Cina sempre più invadente nel Mar Cinese meridionale. 

Insomma, la Cina ha di che preoccuparsi, ma forse ne ha il mondo intero. Perché dall’esito di questo nuovo confronto a tratti molto duro  tra Est e Ovest –  e dall’intelligenza dei leader americani e cinesi – dipenderà la stabilità del pianeta per il futuro prossimo.