Giusto per fare un minimo di chiarezza sul caos marò provocato in primis dai nostri ministri “tecnici” (che a questo punto forse un  corsetto di politica for dummies potrebbero anche farlo).  Primo: ad oggi, malgrado le affermazioni del ministero degli Esteri, nella persona del sottosegretario de Mistura, non risultano nè sembrano concepibili “impegni” scritti che garantiscano una pena o un’altra ai nostri marò, tantomeno impegni che escludano la pena di morte. Sarebbe come se il governo italiano si impegnasse su una sentenza che deve prendere un magistrato italiano: che cosa c’entra il potere esecutivo con il potere giudiziario? Ve lo immaginate Monti che si impegna per una richiesta di pena che deve fare  la Boccassini? 

Secondo. Per quanto riguarda la pena di morte, ecco cosa ha dichiarato il premier indiano, Manmohan Singh:  non e’ stato offerto nulla in cambio del dietrofront italiano, “ne’ un incontro a livello di diplomatici o esperti per risolvere la questione, ne’ un arbitrato internazionale. ..Abbiamo chiarito all’Italia che se i maro’ avessero rispettato l’ordine della Corte Suprema e fossero tornati indietro, non sarebbero stati arrestati; e abbiamo detto che, da quel che riteniamo, non si tratta di un caso da pena di morte”.

Nota bene, “da quel che riteniamo”, come aveva detto del resto il ministro degli Esteri Kurshid: il caso dei marò non “dovrebbe” rientrare in quelli che prevedono la pena di morte, che in India negli ultimi trent’anni risulta essere stata eseguita su uno stupratore di minorenni, un serial killer, un terrorista pakistano e un sospetto terrorista kashmiro, accusati di delitti perticolarmente efferati. Ma sono sempre i giudici che decidono, caso per caso, come si usa nel diritto anglosassone che l’india ha ereditato dall’impero britannico: quindi non esiste nè potrebbe esistere nessuna garanzia ma solo una ragionevole ipotesi che i marò non vadano incontro al patibolo, metodo usato in quel Paese per sopprimere i condannati.

Il problema vero è che si è spostata l’attenzione su un falso problema, come se le eventuali garanzie indiane sulla salvaguardia della vita dei marò potessero bastarci.. Il punto è che i marò, qualunque cosa abbiano fatto – e ripeto, nessuna prova esiste che siano stati loro a colpire i due pescatori – devono essere giudicati in Italia perchè si trovavano al momento dell’episodio in acque internazionali su una nave italiana.  Fine. Riportiamoli a casa, in un modo o nell’altro, e facciamola finita con questa farsa.