Ora per cortesia, di fronte a questi morti nel mare di Lampedusa, lasciamo perdere gli psicodrammi politici e le piroette berlusconiane e antiberlusconiane e concentriamoci sui problemi del Paese. Il debito, certo,la gente che non arriva a fine mese, per forza. Ma c’è anche la questione degli sbarchi in massa che non può più essere elusa. E al di là delle boutade di qualche buontempone che addossa la colpa di tutto alla ministra Kyenge, è ora che il premier Letta che ha dimostrato di avere spalle abbastanza robuste per poterlo fare, batta i pugni sul tavolo di Bruxelles e faccia suo ciò che disse poco tempo fa il suo vice e ministro dell’Interno Alfano: occorre una revisione immediata del regolamento di Dublino, secondo il quale spetta allo Stato di primo approdo la responsabilità dell’accoglienza.

Insomma,  Lampedusa non è solo la frontiera italiana, ma è la frontiera che segna il confine dell”Europa con  l’Africa. E allora l”Europa deve essere messa  una volta per tutte di fronte a questa responsabilità. Primo: bisogna avviare  un contrasto internazionale degli scafisti e del traffico di disperati negli Stati mediterranei che non se ne occupano, anche per le situazione interne più che complesse in cui si trovano, basti pensare alla Libia. Non si può negare l’accoglienza a chi fugge da situazioni di guerra, miseria disumana, carestie o violazioni sistematiche dei diritti umani, non si può: ma il flusso deve essere in qualche modo disciplinato, e con estrema urgenza. Anche, come chiede la Croce Rossa, creando corridoi umanitari sicuri e controllati o in Africa e nel Medio Oriente

Secondo, l’Europa deve  inviare uomini, mezzi aerei e navali , ospedali da campo, tutto ciò di cui c’è bisogno nelle zone dove avvengono gli sbarchi, per supportare gli sforzi immani o ormai insostenibili che fanno la nostra Guardia Costiera, i carabinieri, la polizia e tutte le altre forze che si prodigano ogni giorno per salvare la vita dei boat people, mentre altri Paesi, vedi Malta, se ne fregano alla grande.  E naturalmente bisogna anche distribuire gli immigrati accolti in Italia in tutto il territorio europeo: non può essere uno dei Paesi oggi finanziariamente più deboli e politicamente più precari ad accollarsi  da solo l’onere di una pressione immigratoria non più sostenibile, che inevitabilmente genera disperazione e criminalità e si ritorce negativamente non solo sugli italiani ma sugli stessi immigrati,  costretti a vivere di espedienti in un paese dove la disoccupazione giovanile è arrivata al 40%.