Bene, sulla vicenda dei marò prigionieri in India il Governo italiano si è accorto, udite udite, che “i nostri fucilieri sono finiti nel tritacarne delle elezioni del Kerala” . Parola del ministro della difesa, Mauro, al quale va dato atto di aver almeno cominciato ad alzare i toni dopo che per due anni ci siamo fatti prendere per i fondelli dai politici indiani. I quali, infischiandosene della giustizia e dei pescatori morti,  hanno usato Massimiliano Latorre e Salvatore Girone  per i loro biechi scopi elettorali.

Questa consapevolezza, chiara da tempo anche se in qualche modo ufficializzata solo oggi,  avrebbe dovuto indurre Roma a passi ben più significativi in questi mesi di stallo. I marò sono in India da due anni (febbraio 2012), due anni in cui le traballanti tesi accusatorie delle autorità indiane sono state smontate pezzo per pezzo. I proiettili che hanno ucciso i pescatori (7,62x54R ex sovietica, sparata probabilmente dalla mitragliatrice russa PK)  non sono del calibro in dotazione ai marò ( 5,56×45). Anche questo elemento sarebbe stato sufficiente non dico per portare i marò via da lì con un blitz militare,  ma almeno per non restituirli all’India a tempo debito.

Ora si muove l’Ue, e Mauro dice di aver coinvolto anche gli Stati Uniti, parlando della vicenda con Susan Rice, consigliere per la sicurezza Usa sia e con lo stesso segretario alla Difesa Usa, Chuck Hagel. Bene, meglio tardi che mai per coinvolgere un alleato che nell’area ha la sua voce in capitolo. E che certamente non avrebbe lasciato che i suoi marines restassero per due anni in attesa di giudizio per un presunto sbaglio commesso in acque internazionali.