IL 17 LUGLIO riprenderà il processo a Massimiliano Latorre e a Salvatore Girone, i due marò italiani accusati d’aver ucciso due pescatori del Kerala scambiandoli per pirati. Il sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura (foto Olycom), è convinto che i tempi del dibattimento non saranno brevi: «Non è certo il caso di aspettarsi una sentenza nella serata dello stesso giorno. Possono esserci ulteriori rinvii. La difesa potrà fare altre domande. E l’accusa avrà la possibilità di nuove presentazioni. A noi interessa soprattutto il risultato della prova balistica, fermo restando il fatto che tutto quello che succede in Kerala è molto politicizzato».
  Quali finora i risultati?
  «Il primo obiettivo che ci siamo prefissi è stato la dedrammatizzazione del  processo. Se fosse stato celebrato per direttissima, i nostri due fucilieri rischiavano una condanna a 42 anni. In questo clima ho fatto il mio primo viaggio a Nuova Dehli. Le famiglie delle vittime erano furiose. Gli scomparsi erano solo due poveracci di fede cristiana. I pescatori in Kerala sono tre milioni, un bacino di voti che con i familiari arriva a 20 milioni di suffragi. Si era alla vigilia di un doppio turno elettorale. L’opposizione, il partito comunista locale, era sotto di appena due seggi rispetto al Partito del Congresso guidato dal capo del governo locale Oommen Chandy».
  Una situazione delicata.
  «Il premier del Kerala era accusato di non aver fatto nulla per i 28 pescatori uccisi in precedenza. Con l’ingresso della nave in porto siamo  caduti in una trappola».
  Massimiliano Latorre e Salvatore Girone aspettano il processo in un albergo di Kochi?
  «Le famiglie sono andate a visitarli già due volte. Nell’hotel ci sono una palestra e un ristorante. Tentano di fare una vita il più possibile normale… così ora possiamo resistere più a lungo».
  Nulla a che fare con un carcere.
«Dove volevano tradurli. Abbiamo bloccato lo spostamento con un intervento quasi fisico. Invece quando se ne sono andati il capo della polizia nella prigione li salutava militarmente».
  A chi è affidata la strategia giudiziaria?
  «A tre avvocati indiani, a 4 esperti del ministero della difesa a rotazione e a due avvocati dello stato. L’obiettivo è dekeralizzare e depenalizzare l’accusa arrivando a ridurla a un mero incidente di percorso, anche se resta impregiudicato il punto che i due marò debbono essere giudicati in Italia. Per questo occorre alzare la pressione internazionale. Senza contare altre conseguenze…».
  Quali?
  «Non sono sicuro che il Kerala sia molto popolare fra i turisti italiani. Tirare troppo la corda non conviene a nessuno».