ASMA ASSAD, «la rosa del deserto» secondo la definizione di  Vogue, non ha perso il gusto dello shopping. La first lady siriana si preoccupa di puff, tavolinetti e lampade in «stile ottomano» per la residenza estiva di Latakia. Lo scoop è del Mail on Sunday. Il negozio che ha ricevuto un ordine di 343mila euro (270.000 sterline) è il raffinato «Dn Designs» di Kings Road. Wikileaks ha ottenuto le e mail che rivelano le propensioni e le esigenze della moglie trentaseienne di Bashar al-Assad. Risalgono a marzo, esattamente un anno dopo l’inizio della rivolta contro il marito che avrebbe già spezzato 16mila vite.

 Asma trepida per 5 candelabri da 8800 sterline l’uno. Descrive la sua «casetta estiva» con vista mozzafiato sul Mediterraneo. Al piano terra, scrive, si apre un grande vestibolo al quale si affianca un salotto per il ricevimento. Al primo ci sono una grande sala da pranzo con dieci posti a sedere e un salone. Le stanze da letto sono due. Lo scantinato comprende una grande sala e un atrio per le signore.
 
 IL MINISTRO per gli Affari presidenziali, Mansour Azzam, elenca circa 130 articoli richiesti dalla first lady. A questi si aggiungono 11 ottomane da oltre ventimila sterline. Per la stanza da pranzo Asma sollecita una tavola rotonda da diecimila pound. La sala può ospitare anche riunioni di maggiorenti del regime. Per quelle occasioni la moglie di Assad indica la necessità di un tappeto in stile mamelucco di colore rosso e verde da undicimila sterline. L’articolo più economico è una fune che dovrebbe reggere nove lampade di seta, tremila sterline in tutto. La «rosa del deserto» è turbata dalla asimmetria dei cuscini per il sofà principale. Sono tre orizzontali e cinque verticali. «Dovrebbero essere tre e tre», ha scritto in settembre. Una analoga fuga di e mail aveva rivelato in precedenza la sua ricerca affannosa su internet di un dvd di Harry Potter.
 
 TUTT’INTORNO la Siria brucia. Gli osservatori Onu hanno visitato Tremseh, il villaggio vicino a Hama nel quale si sarebbe consumato un massacro il 12 luglio. Secondo il loro rapporto sono state colpite case di militanti dell’opposizione e di disertori dell’esercito. La squadra di caschi blu ha visto una scuola bruciata. In diversi alloggi c’erano «pozze, schizzi di sangue e caricatori di proiettili vuoti». Un abitante del posto ha raccontato alla France Presse che la gente «veniva sgozzata a sangue freddo» e che i principali artefici della strage sono stati i miliziani paramilitari
 «shabiha», i «fantasmi» lealisti. Jihad Makdisi, portavoce del ministero degli Esteri di Damasco, ha replicato che «bande armate hanno attaccato il villaggio trasformandolo in una base per operazioni terroristiche» e che «le forze del governo hanno usato solo armi leggere. I combattimenti – ha precisato – sono costati la vita a 37 ribelli e a due civili». La strada che collega la capitale all’aeroporto è stata chiusa per scontri divampati in vari quartieri. Secondo i Comitati di coordinamento dell’opposizione, ieri le vittime sono state 46. Undici sarebbero persone arrestate e successivamente torturate.