VENERDÌ gli Stati Uniti hanno inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche il network Haqqani, un gruppo di combattenti alleato dei talebani e sostenuto da frange dell’Isi pachistano, i ramificatissimi Servizi di Islambad. Il santuario della tribù Haqqani è a cavallo del confine fra l’Afghanistan e il Waziristan, un area tribale pachistana. Tutte le recenti, cruente, incursioni nella capitale, compresa quella di ieri,
 sarebbero opera del clan. La penultima era stata un assalto all’albergo Spozhmai, sul lago Qargha. Era il 22 giugno. Morirono 18 persone. I blitz sono stati letti come truculenti avvisi a Hamid Karzai, troppo amico dell’arcinemica India. Ieri per di più nella capitale si stava celebrando l’undicesimo anniversario della morte di Ahmed Shah Massoud, il comandante della resistenza all’occupazione sovietica che era riuscito a resistere ai talebani trincerandosi nella sua valle di montagna, il Panshir. La sicurezza nella capitale era stata rafforzata. Questa circostanza spiega forse la scelta di un kamikaze adolescente. 
 GLI UNICI ai quali viene consentito di accedere praticamente senza controlli fin sul limitare del quartier generale dell’Isaf, protetto da barriere, alti muri, filo spinato e torrette di avvistamento sono i bambini e le bambine di Kabul, che vendono ai militari ninnoli, collanine, dolcetti. Al di là del numero di vittime, il blitz nella Green Zone voleva soprattutto rendere evidente il fatto che in Afghanistan non esiste un posto sicuro. Come sempre, Karzai ha reagito alzando i toni della polemica con gli Stati Uniti.
 Ieri ha detto al comandante di Isaf, il generale John Allen, che deve essere rispettata alla lettera la data prevista per la riconsegna agli afgani del carcere di Bagram. Il 2014, l’anno del ritiro dall’Afghanistan, si avvicina a grandi passi. Nessuno sa davvero se l’esercito e la polizia di Kabul sono pronti. Di sicuro la società afgana è per larghi settori confinata nel passato. Anche nella capitale. L’ultimo campanello di allarme è recentissimo.

Benafsha, un’attrice protagonista di un serial televisivo, è stata aggredita e uccisa davanti a una moschea. Le sorelle Azema e Tamana,  soltanto ferite, sono finite in carcere. Prima di rinchiuderle in cella le hanno sottoposte a test di verginità. Per il Corano si sono macchiate di imperdonabile «immodestia».