Decine di migliaia di scudi umani sono intrappolati a Aleppo est e rischiano di essere uccisi se tentano di andarsene. Jean Clement Jeanbart, 73 anni, vescovo cattolico di rito greco-melchita, non ha nessun dubbio: “La situazione è molto tesa, soprattutto in due quartieri della periferia che fin dall’inizio sono stati attaccati da al Nusra (i qaedisti ndr.) e dagli altri gruppi di ribelli fra i quali restano ancora alcuni elementi dell’Esercito Libero Siriano (i sedicenti laici sostenuti dagli Usa e dall’Arabia Saudita ndr.). E’ molto difficile per l’esercito di Assad andare avanti senza distruggere altre case e senza uccidere altri civili. I bombardamenti aerei continuano. I guerriglieri si mescolano alla popolazione e non permettono a nessuno di andarsene. Sono bloccati anche molti combattenti dell’Esercito Libero Siriano che ora vorrebbero trovare una forma di accordo pur di scappare da quell’ inferno. Se qualcuno si azzarda a manifestare l’intenzione di fuggire, viene ucciso. I corridoi di uscita sono sotto il tiro dei cecchini dei ribelli”.
Ad Aleppo est come fanno a procurarsi il cibo?
“In passato tre o quattro convogli sono arrivati, ma poi c’è stato quell’ultimo attacco …”.
Quello che ha fatto saltare definitivamente la tregua concordata dai russi e dagli americani.
“Non si sa ancora chi abbia colpito i veicoli, non si sa se siano stati i russi, i siriani o gli stessi fondamentalisti. Secondo alcune fonti, non sono stati incendiati e distrutti da bombe sganciate da aerei, ma da proiettili di artiglieria sparati da terra da un gruppo di terroristi. Se davvero avesse voluto fermare la colonna, l’esercito siriano avrebbe potuto semplicemente non autorizzare il passaggio. Non solo. I mezzi sono stati colpiti in una zona nella quale ci sono solo insorti. Qualcuno ha ipotizzato che sia stato usato un drone, ma io non ci credo. Quello che è accaduto e’ molto equivoco. Io non sarei sorpreso se alla fine risultasse che l’attacco è stato opera dei terroristi”.
Ma ora come sopravvivono gli abitanti di Aleppo est?
“C’erano singole persone che riuscivano a procurarsi alimenti e avevano fatto scorte in previsione dell’assedio”.
Qual è la sua speranza?
“Che finalmente tutti capiscano che uccidersi a vicenda non serve a nulla, che si realizzi una forma di compromesso o di riconciliazione e che i fondamentalisti si ritirino per permettere agli altri di vivere in pace. Se al Nusra e Daesh se ne vanno, l’Esercito Siriano Libero troverà un modo di intendersi con i concittadini. Gran parte degli estremisti sono stranieri. Alcuni sono stati mandati qui o semplicemente impiegati come mercenari”.
Quanto guadagnano?
“Dipende dalla posizione del singolo individuo. E anche dalla data di arruolamento. Non è detto che il compenso iniziale in seguito non diminuisca. Il livello minimo è attorno a due o trecento dollari. Poi ci sono i gradi più alti. Qualcuno mi ha detto che in alcuni casi i capi di un gruppo incassano la paga dei loro uomini e poi la distribuiscono. A volte questa somma non supera la metà di quello che hanno ricevuto. Il resto viene trattenuto per il comandante e per i suoi aiutanti. Circolano tante storie. Si dice anche che qualcuno ha fatto i soldi con il traffico di esseri umani, di droga o con il mercato nero. Ma noi non abbiamo modo di verificare queste notizie. In ogni caso il nostro popolo non ne può più. La città, le industrie e il commercio sono distrutti. Non c’è più lavoro. Molti cristiani se ne sono andati”.
Quanti?
“Sicuramente più della metà. Prima della guerra ad Aleppo erano 160 mila su tre milioni di abitanti. Sessanta anni fa eravamo 400 mila. Dalla campagna sono arrivati nella metropoli tantissimi musulmani in cerca di lavoro”.
Secondo Lei si va verso una frammentazione della Siria? Aleppo potrebbe essere inglobata in quella fascia occidentale del Paese che resterebbe sotto il controllo di Assad?
“Questo è quello che mi preoccupa. La Siria si indebolirebbe drammaticamente. Nel nord e all’est ci sono il petrolio, il gas, e scorre l’acqua del il grande fiume (l’Eufrate ndr.)”.