CAMBIÒ nome, indirizzo, affetti nel tentativo disperato di ricominciare lasciandosi alle spalle il romanzo criminale scritto col sangue dal padre e dagli zii, i killer della Uno bianca. Aveva nove anni quando la banda formato famiglia imperversò fra Emilia e Marche rapinando e uccidendo. La saga maledetta dei Savi riaffiora all’improvviso con l’arresto di Simone, figlio di Roberto, «il corto». Stavolta niente spari, morti, assalti ma cocaina e manette per questo ragazzo che la cronaca aveva dimenticato, grazie ad un nuovo nome, dopo essere uscito dal gorgo della famiglia devastata da una storia di violenza estrema e assurda. Confessò ad un prete due anni fa: «Non è giusto ciò che hanno fatto mio papà e i miei zii, voglio dimenticare tutto». E così fu. Simone tagliò i ponti col padre. Stop alle visite in carcere, niente più lettere né messaggi. Sguardo avanti per ricominciare. Ma non basta cambiare identità per scrollarsi di dosso una vita segnata dall’essere il figlio del killer. Ora il traffico internazionale di droga. Colpa del genitore? Colpa di ciò che Simone, certo non un ragazzo con percorso normale, ha sofferto? Forse, ma è difficile dirlo. Tema da psicanalisi.
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«NON commettere i miei errori», gli diceva il padre durante le brevi visite nell’atmosfera greve del parlatorio in carcere. E invece anche Simone, che sognava di fare il poliziotto, è passato dall’altra parte. Roberto Savi è all’ergastolo, il figlio rischia una condanna pesante. Verranno gli interrogatori e il processo, probabilmente una condanna. La giustizia presenterà il conto anche a Savi -figlio che, al contrario del padre, per ora è al primo, per quanto grave, passo falso. Niente attenuanti, ha sbagliato e quindi si aspetti le logiche conseguenze. Però ha solo 31 anni e una vita davanti. È entrato nel fango, ma ha ancora la possibilità di uscirne e di dimostrare, soprattutto a se stesso più che agli altri, che può farcela. Raccontò, sempre al prete, che avrebbe voluto in qualche modo chiedere scusa ai famigliari delle vittime della Uno bianca.
Adesso è il momento di farlo, ma in silenzio, senza annunci. Poi Simone può giocare ancora un’altra puntata sulla roulette della sua vita. Pagare, uscire dal carcere, farsi dimenticare e fuggire, stavolta per sempre, dai panni del figlio di Roberto Savi.

Beppe Boni