LA STORIA della corrida è legata a quella della Spagna, tanto che senza capire la prima è impossibile capire la seconda. In una frase l’illustre allievo dei padri gesuiti che divenne filosofo e scrittore, Josè Ortega y Gasset, riuscì a racchiudere il senso profondo della tauromachia. Non si può riflettere sulla corrida se non si tiene presente che il tempo e la storia della Spagna sono legate con un filo di passione quasi religiosa a questa sfida di forza fra uomo e natura. Una liturgia profonda e gestuale risalente all’800 dopo Cristo. Ora l’incidente di Francisco Rivera Ordonez, detto Paquirri, figlio e nipote di toreri leggendari, rilancia la polemica mentre da tempo i Podemos tentano l’assalto a questo rito violento e antico che unisce e divide.
<EN>
ABOLIRE la corrida? In Spagna sarà difficile perché è parte dell’anima stessa del paese, che per la maggioranza degli iberici va rispettata. Anche se non da tutti condivisa. Qui non è come abolire la pesca o la caccia. Sarebbe come impedire il Palio a Siena. Impossibile. Ma è comprensibile che la lotta fra il matador e il toro dividerà sempre chi ne resta affascinato e chi considera la discesa nell’arena solo una sequenza di sangue e morte. Due culture inconciliabili. La corrida o si ama o si odia. Rispettarla, anche se può risultare ad alcuni impossibile, è comprendere l’anima di un popolo. E quattro toreri, insieme agli animali, sono rimasti uccisi quest’anno nella sabbia dell’arena. Ernest Hemingway, uomo di romanzi epici, di grandi bevute e amori burrascosi, fu un sacerdote della corrida. Scrisse che il «confronto fra uomo e toro non è uno sport, ma una forma d’arte simile alla tragedia e rappresenta l’esistenza perché stringe in un abbraccio i temi della morte con quelli della vita». Un concetto che cantò in Morte nel pomeriggio, l’immortale affresco sulla tauromachia. Poi sì, ci saranno anche interessi più terreni, economici, turistici, politici. Inevitabile. Ma sono un’ombra sullo sfondo. E il rischio dell’approccio ideologico è forte. I sindaci di Podemos vogliono abolire la Fiesta nacional: basta con gli show sanguinari. I matador, come cavalieri di una aristocrazia del coraggio, non vogliono scendere sul terreno della politica animalista. Stanno dentro la tradizione. Morante De la Publa, quello che a Marbella ha graziato il toro, unico nella storia, lo ha fatto solo per protesta.