L'ora di Religione

La pace è il futuro

Ucraina, Iraq, Siria, Libia. Nomi che evocano conflitti, distruzioni, persecuzione.  Perche’ dire che “la pace e’ il futuro”? Non sarebbe piu’ semplice cedere, affidarsi a una logica di contrapposizione?  Ad Anversa, dove su iniziativa della Comunita’ di Sant’Egidio sono riuniti 350 leader religiosi, politici  e personalita’  della cultura per l’incontro ‘La pace e’ il futuro’ a cento anni dall’inizio della Prima guerra mondiale,  si cercano e si praticano alternative alle spirali involutive del contrasto.  In apertura un messaggio di Papa Francesco con indicazioni molto chiare:  “La guerra non è mai necessaria, né inevitabile. Si può sempre trovare un’alternativa: è la via del dialogo, dell’incontro e della sincera ricerca della verità”.  Sono forse parole generiche, per  certi versi dovute?  Eppure ricerca della pace e della comprensione attraverso la preghiera “possono creare legami durevoli di unità e prevalere sulle passioni di guerra”. È giunto il tempo che i capi delle religioni “cooperino con efficacia all’opera di guarire le ferite, di risolvere i conflitti e di cercare la pace. La pace è il segno sicuro dell’impegno per la causa di Dio. I capi delle religioni sono chiamati ad essere uomini e donne di pace. Sono in grado di promuovere una cultura dell’incontro e della pace, quando altre opzioni falliscono o vacillano”.

Nella mattinata di domenica tutti i leader a cui Papa Francesco ha inviato il suo messaggio erano stati invitati nella cattedrale di Anversa, per la liturgia.  Non e’ molto lontana da questa citta’ la linea del fronte della “battaglia assassina” che sarebbe durata per quattro anni in un’unica linea del fronte che partiva dal Ijzer fino alla Somma.  Cento anni fa. E oggi? Ad Anversa ci si interroga anche su come non essere spettatori, su come piuttosto, insiste Andrea Riccardi, fondatore della Comunita’ di Sant’Egidio, essere pacificatori di fronte a chi riabilita come strumenti violenza e guerra.  Lungo un cammino che si snoda da Assisi 1986, di anno in anno, “abbiamo chiarito che la pace è cosa troppo seria per farne affare di pochi”.

E’ la visione del profeta Ezechiele, richiamata nella liturgia, a ribaltare la prospettiva istintiva dello sguardo.  Ed e’ Dio a responsabilizzare:  se “tu non parli perche’ il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquita’ , ma della sua morte io domandero’ conto a te “. Dunque “parlare al malvagio”.  Lo si puo’ fare, secondo Johan Bonny, vescovo di Anversa,  andando incontro alla gente senza violenza e compiendo un ulteriore passo in avanti . Andare un passo avanti, “prendere su di se’  il peccato e il male del mondo”, le linee di fronte sparse in tutto il mondo quando emergono pregiudizi, semplificazioni, si invoca il conflitto come soluzione, si rigettano i profughi come se fossero colpevoli della propria condizione povera ed errante.  Da una parte le vittime dei conflitti, dall’altra tante persone che non risolvono i propri conflitti, “esseri frammentati” dice il rabbino argentino Abraham Skorka: “Solo chi lotta con i suoi istinti e piega le sue pulsioni di morte e distruzione raggiunge un cuore integro. L'intenzione ultima di tutti i precetti che Dio ordina al popolo d'Israele, è proprio perfezionare il cuore perché ciascuno dei suoi membri sappia scegliere sempre nella propria esistenza una via di vita”.

La pace nelle diverse latitudini del presente richiede un cammino convergente di tanti elementi, uno per ciascun aspetto di complessita’  che con difficolta’ si indaga. Il patriarca Aphrem ha richiamato un padre  della Chiesa del V secolo,  assertore della “compassione mescolata con gli esseri umani”.

Al termine della liturgia tutti i leader delle diverse comunità cristiane sono usciti sulla piazza ed il Patriarca Mar Ignazio Aphrem II è stato salutato da molti cittadini mediorientali rifugiatisi in Belgio a seguito della guerra, preoccupati dal destino delle proprie città e della propria terra. Il vescovo di Anversa aveva poco prima commemorato “devotamente tutte le vittime della prima guerra mondiale. Ma non solo loro. Ci sentiamo vicini a tutte le vittime delle guerre e della violenza dei nostri giorni, attraverso così tante linee del fronte sparse in tutto il mondo”.