L'ora di Religione

Meglio il “nulla” che l’ombra di Caino

Nella Quaresima le parole della Genesi ci aiutano a comprendere che l'istinto al peccato, a prevaricare, a separare, è accovacciato alle porte del cuore. La voce di Dio dice a Caino di guardarsi da questo (Gen 4). E' di alcuni anni fa un breve e incisivo testo di don Tonino Bello, dal titolo 'Dissipare l'ombra di Caino'.
Siamo tentati di vedere quest'ombra sempre nelle forme più estreme e quindi di sentircene lontani. Ma quest'ombra si nutre della tensione ad affermare se stessi sugli altri. Dio dice a tutti, non solo a Caino, che l'istinto si può dominare, che si può dirgli di no. E' l'esatto contrario dell'adagio antico “al cuore non si comanda”.
Caino offre beni della terra, beni della sua vita, ma la Genesi rileva che non sono primizie. Caino, che vuol dire “acquisito”, acquisito da Dio – qualcosa di molto simile a “donato” - dimentica di essere stato primizia, primo figlio, e perde questo primato perché è geloso di suo fratello, non ne sopporta la diversità. Lui è agricoltore, Abele è pastore; tanto lui è sedentario, quanto Abele è più nomade. Non ha alcuna considerazione per i suoi cari.
Caino va da Dio ma è irritato e abbattuto perché avverte che dall'offerta dai suoi beni non ne ha benedizione, al contrario di Abele che ha portato in dono le sue primizie. C'è qualcosa nell'arare, da parte di Caino, il suolo della vita, nel coltivare la terra dell'esistenza, che lo rende estraneo agli altri. Caino, di fatto, vuole prendere il posto degli altri, vuole essere al di sopra di tutto e mal gradisce la presenza di un fratello che si comporta diversamente da lui, un fratello che peraltro si fida di lui, fino a lasciarsi condurre in campagna per parlare ma viene ucciso. Non possiamo non pensare a quanti, piccoli e grandi, vengono ingannati ogni giorno, talvolta in modo mortale.
Caino è irritato e ha il volto provato e abbattuto, come quelle persone che vorrebbero comprare la felicità e non basta mai loro quello che hanno. Di fatto la Genesi non registra una parola di Caino verso Abele. Chi vive nel rancore, infatti, diventa muto, non sa relazionarsi, si esprime solo con la violenza, tanto quando è aggressivo che quando è indifferente. L'invidia conduce Caino alla morte violenta del fratello, ad alzare la mano su Abele, a spegnerne il soffio vitale. Abele vuol dire “soffio”, “nulla”, ma Caino dimentica di essere anche lui un "soffio".
La Chiesa ha il suo tesoro in quelli che sono considerati “soffio”, “nulla”. I poveri sono tesoro della Chiesa. “Il soffio” di vita, ha in questi giorni il volto dei sequestrati, il volto di chi soccombe, dei copti egiziani condotti sulla spiaggia per essere uccisi dai loro fratelli. Dice Dio di fronte a tutte queste stragi: “La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo”. Il suolo inaridito dalla violenza – terrorismo come anche tante dissennate “bombe intelligenti” - non dà frutti. C'è tanto deserto sotto le bombe.
Nella nostra quotidianità, nella nostra considerazione, tanti diventano “un soffio”. C'è un legame che non vediamo ma è effettivo tra i grandi deserti del mondo e l'indifferenza nel quotidiano. Viceversa il deserto si riduce fino a scomparire a fronte di ogni “soffio” riconquistato”, di ogni legame. Arare il terreno con tanti legami porta un contributo decisivo alla pace, dà scacco ai meccanismi di divisione che generano, come una catena, “piccoli” e grandi conflitti.

comments powered by Disqus