La luce di Palmira
Vale la pena vivere per trasmettere cultura, memoria, storia. Khaled Al Asaad (1932 – 18 agosto 2015), archeologo ed ex direttore del museo di Palmira ucciso in modo barbaro dall'Isis, ha amato questa prospettiva ed è morto per essa. Ha “guadagnato” un po' di attenzione, ma non quanto meriterebbe questo traghettatore che ha attraversato il buio della storia di quella regione del Medio Oriente, annegando nel gorgo fondamentalista, ma lasciando una testimonianza che interroga e che fa luce. Se non si passa il testimone della cultura che ce ne facciamo di tutto il resto? In questi giorni e fino a domenica Firenze ospita un importante convegno internazionale di Egittologia e opportunamente il Comune ha fatto appendere un drappo nero sul terrazzo di Palazzo Vecchio e spegnere le luci sul Nettuno dell’Ammannati, in piazza della Signoria, in segno di lutto e memoria di Al Asaad e della sua, della nostra, Palmira. In antichità questa oasi era luogo di sosta per le carovane. Sarà molto difficile poterci ritornare – ci vorrà tempo - ma ci possiamo andare con la mente , per una pausa che vuole essere un omaggio ad Al Asaad, cristiano che parlava la lingua di Gesù, l'aramaico, la stessa che parlano ancora in un altro luogo devastato della Siria, Malula, e che rimane lingua madre per i caldei. Lingua dei rapporti “internazionali” fino al sesto secolo a.C.. Un uomo di 82 anni, come Al Asaad, che ha in sé un deposito di conoscenze preziose è stato decapitato perché la cultura fa paura, laddove altri anziani, che pure hanno la cultura che abbraccia le altre, quella dello sdegno per le uccisioni e l'attacco alla convivenza , vengono irrisi dai terroristi. Questi vecchi, in un arco breve di anni per la grande Storia, ma lungo quasi quanto la loro esistenza, sono peraltro padri e madri di figli che hanno conosciuto guerre e violenze (le tre guerre del Golfo, compresa quella tra Iran e Iraq) e non di rado hanno finito per soccombere (anche nell'anfiteatro di Palmira) o emigrare. A Palmira i terroristi hanno armato i bambini per le esecuzioni di soldati. Quanto silenzio ipocrita della comunità internazionale su queste morti e su questo dolore che Al Asaad aveva con ogni probabilità messo in conto anche per sè: sarebbe potuto scappare, ma non l'ha fatto. E' stato catturato, torturato e, pare di fronte al suo diniego di rivelare dove aveva nascosto tesori d'arte, è stato ucciso e appeso a una colonna.
In quello straordinario documento che sono i Dialoghi di Olivier Clement con Athenagoras (ed. Morcelliana, ma anche ed. San Paolo), il patriarca parla anche della cultura e della bellezza che verrà recuperata e salvata da Dio perché quanto di buono e bello realizzato dagli esseri umani non andrà perso. Intanto “già la memoria umana opera una trasfigurazione. Il dolore si dimentica. Rimangono soltanto l'esperienza del soffrire, l'arricchimento che ha portato, la capacità di comprendere e di compatire. Gioia e bellezza sono come filtrate e raggiungono l'eternità che le ha suscitate. Anche nella storia il dolore e la crudeltà della gente vengono dimenticati. Rimangono un quadro, una sinfonia, ruderi pieni di fascino. Si dimenticano i giochi del Circo”. Si dimentica, ma nel presente non si può stare a guardare, quanto piuttosto cercare – sul piano personale e corale - strade umane che ci aiutino ad essere come Orfeo: con il “canto” di una vita meno rinchiusa e autocentrata – magari rigettando le Borse e il tirare ad accumulare come fonti uniche del sapere - provare ad ammansire le belve. Ha scritto in un tweet Papa Francesco: “Un cristiano troppo attaccato ai soldi sbaglia strada” e non vale solo per i cristiani. Semplificazioni? Forse. O certamente. Ne aggiungiamo un'altra: il percorso compiuto dal dopo '89 con l'apparente 'Nuovo ordine mondiale', con i fragilissimi corollari del “capitalismo compassionevole”, semplificando davvero il pianeta, ha avuto non poche responsabilità prima nelle distruzioni e poi nello stallo di questi anni. E' riuscito a sollevare il peggio di noi e il peggio degli altri.