“Abbattere muri, costruire ponti”
Scrivere al Papa è per Giorgio La Pira un esercizio di riflessione, di fedeltà e confidenza che lo aiuta ad interpretare la storia, i fatti del presente, e il suo lavoro di laico credente al servizio della pace, alla luce di categorie bibliche, da un luogo, Firenze (“...l'azione fiorentina si è trovata “stranamente” all’incrocio più determinante delle strade storiche fondamentali del nostro tempo...”), amato come una nuova Gerusalemme, tanto da essere per lui “città sul monte”, anche se si estende a valle, in una piana, e città mariana, chiamata ad incarnare il Magnificat (“... ha rovesciato i potenti dai loro troni, ha innalzato gli umili...”) che il Vangelo di Luca e la tradizione della Chiesa attribuiscono alla madre di Gesù. Con 'Abbattere muri, costruire ponti', pubblicato in questi giorni dalle edizioni San Paolo con la Fondazione Giorgio La Pira, lo storico Andrea Riccardi, curatore delle corrispondenze lapiriane con i 'Beatissimi Padri' Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI, porta a termine quest'ampia ricognizione, rivelatrice dello spessore interiore del sindaco “santo” e potremmo usare quest'aggettivo nella traduzione letterale di “separato” dalla mentalità corrente. Riccardi, insieme ad Augusto D'Angelo, curatore con lui del volume, ha operato una selezione di 223 documenti sulle oltre 1100 missive, tra lettere e telegrammi a Paolo VI (1897-1978), che a differenza dei suoi predecessori, era un amico, peraltro quasi coetaneo, di La Pira (1904-1977). Da Papa Paolo VI non risponde mai direttamente e segue la consuetudine adottata a questo riguardo anche da Pio XII e Giovanni XXIII. Ma alla fine dei suoi giorni, La Pira riceve una lettera di Papa Montini, scritta a mano. Paolo VI dà del tu all'amico: “Ricevo le Tue righe... Vi leggo le condizioni non felici della Tua salute fisica, e ne soffro con Te e con quanti Ti vogliono bene; e vi leggo insieme il Tuo 'desiderio di andare incontro fino in fondo alla volontà del Signore' doloroso e mirabile dramma della Croce... Il Signore ti dia sollievo in codesta infermità, e Ti dia grazia e sapienza di riflettere inoltre cotesta passione rigeneratrice nelle vicende 'in cui si trovano migliaia di giovani'. Bene, carissimo Amico. Il sempre compianto Mons. Rampolla Ti è certamente vicino. Il Signore consoli e dia merito e virtù effusiva alla Tua pazienza, e nel Suo nome Ti saluto e Ti benedico”.
Nell'epistolario, che è anche testimonianza diretta di amicizia, vengono filtrati i grandi avvenimenti, l'espressività delle “avanguardie spirituali” come don Milani, il lavoro condotto con i Convegni dei sindaci e le altre iniziative (compresi il viaggio in Vietnam con Mario Primicerio e nel Cile di Allende) che hanno costellato il disegno del sindaco, con quella sua attitudine relazionale frutto di una sapiente e perseverante levigazione interiore che diventava simpatia, capacità di coinvolgimento di interlocutori ritenuti non di rado impossibili. “La Pira – spiega Riccardi - era un uomo che guardava avanti con una grande prospettiva anche quando il futuro non era chiaro ed evidente... Anche negli ultimi anni della sua vita. La Pira tenne lo sguardo diretto al futuro, seppure il mondo di domani non sarebbe stato più il suo. Non è facile trovare una persona anziana che non si ripieghi sul presente o sul passato. Ma il professore cercava sempre di leggere la 'storia del futuro', cogliendone i segni dei tempi, per usare un’espressione divenuta popolare con il Concilio Vaticano II. Era un vero “scrutatore” del tempo. Praticava quella che lui stesso chiamava, con un’espressione felice, la storiografia del profondo”.