Sibilla del rating, profeta dell’elemosina
Era molto trendy farsi valutare il bilancio da un'agenzia di rating internazionale. Un po' come, portandolo sottobraccio, passare da Libération al Financial Times. Rating cioè valutazione dell'affidabilità di una società, di un'impresa, della sua capacità di solvibilità (detto volgarmente essere in grado di pagare un debito o quanto si deve per tasso di interesse). A processo, una delle più grosse agenzie ha patteggiato riconoscendo di avere gonfiato il rating dei mutui ipotecari che hanno generato la crisi finanziaria del 2008-2009. In Italia è in corso un processo alle principali agenzie che declassarono l'Italia due anni dopo. Non emettiamo condanne, non avendone titolo. Tuttavia è irritante che a ogni telegiornale o giornale radio si debba ascoltare la voce delle agenzie di rating come un oracolo, il complemento profetico della Borsa, da Tokyo a New York passando anche per Milano. La piccola, minuscola, bibbia del quotidiano di tanti passa per questa lettura di titoli e numeri piccoli a cui si affida, talvolta in modo spericolato, la propria sorte. “Non accumulate per voi tesori sulla terra – ricorda Gesù nel Vangelo di Matteo - dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6, 19) e in quello di Luca (9, 25): “...quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?”. La profezia non sta nei soldi, nell'accumulo. L'agenzia non è l'oracolo. Il 'Rito delle labbra' da coltivare, scrive Filippo Neri, poeta omonimo del santo cantore degli effetti della vanità, è un altro: “vorrei mi guardassero/ mentre distendo il volo/ a una colomba/ per ogni elemosina/ e portare alla bocca/ una spiga/ e imitare il silenzio/ non avere paura” (Interlinea 2003). Condividere è una buona profezia.