“Dolce la guerra per chi non ne ha esperienza…”
Un secolo dalla fine della prima guerra mondiale. Sembra tutto lontano, troppo. Ma se le ferite profonde della Storia vengono ignorate, si smarrisce il rigetto dello scontro e della guerra e, anzi, si finisce per riabilitare l'idea del conflitto (dalla “guerra preventiva” di Bush ad oggi tanta geografia del pianeta è caduta nello sprofondo o vive sul suo orlo). “Dolce è la guerra per chi non ne ha esperienza”, scrisse Erasmo da Rotterdam con folgorante puntualità (lo si può rileggere nell'omonimo libro edito da Feltrinelli). Mentre il Presidente Mattarella giustamente evoca la differenza tra i ragazzi italiani del 1899 che furono gettati nel mattatoio del primo conflitto mondiale rispetto a quelli nati nel 1999, e Papa Francesco inquieta il cittadino-spettatore sulla concretezza della minaccia nucleare, può tornare utile la lettura di 'Testimoniare la fede', edito da Morcelliana, con le omelie svolte da Romano Guardini (1885-1968) tra il 1915 e il 1916. Sono omelie giovanili tanto più interessanti perché scritte in Germania durante la Prima guerra mondiale, quando Guardini da una parte sembra combattuto nel vedere anche nella guerra qualcosa attraverso cui Dio agisce nel governo della storia umana; dall'altra "il destino di questi giorni è così grande, al di sopra di ogni forza umana, potente al di sopra di ogni preoccupazione amorevole, che non rimane altro che affidare i propri cari nelle mani di Dio" e quindi rileva che "persone senza cuore o distratte parlano di guerra e di battaglia, come se fossero le cose più divertenti al mondo...". Questo pensiero prende progressivamente posto sugli altri e la sua predicazione si appunta e leviga sulla compassione (con una commovente omelia per le madri che hanno i figli in guerra) e l'unicità irripetibile di ogni vita umana. Questo stesso combattimento interiore fu foriero di scelte dolorose per tanti, come Buber o Remarque, che furono interventisti e solo dopo, quando era tardi, rigettarono l'orrore della guerra. Leggere oggi anche le parole di Guardini non può non farci interrogare su quella vera e propria tragedia della gioventù rappresentata dal terrorismo fondamentalista. Speriamo che questo 2018 porti a tanti il distacco dall'idea di un una sorta di inevitabilità dei conflitti – quali che siano - e dello scontro armato.