Fare pace con quelli “un po’ strani”
La chiamata alla santità di cui scrive Papa Francesco nella sua ultima esortazione apostolica 'Gaudete et exsultate' è un invito a separarsi (questo vuol dire santo, "separato") dalla mentalità corrente, da quella fretta dei più che sospinge molte persone verso un'esistenza periferica. Per giustificare questa vita che non si ferma davanti e con chi viene percepito come un possibile ostacolo, si usa una definizione apparentemente innocente: "E' così". Quello "è così, quella "è così". Dunque perché fermarsi? Ma Bergoglio individua proprio questo spazio di attenzione trascurato e che, coltivato, genera svolte profonde, capaci di richiamare alla vita chi è "un po' così". La pace, scrive Francesco, non esclude nessuno, ma "integra anche quelli che sono un po’ strani, le persone difficili e complicate, quelli che chiedono attenzione, quelli che sono diversi, chi è molto colpito dalla vita, chi ha altri interessi". Ogni giorno incontriamo persone così. Sono colleghi, vicini di casa, amici che ritroviamo tanto cambiati. Talvolta, senza rendercene conto, diventiamo noi stessi "un po' strani". Riconoscere questo spazio di sensibilità da coltivare "è duro e richiede una grande apertura della mente e del cuore". D'altra parte una pace che esclude gli "strani" diventa prerogativa di corto periodo per una "minoranza felice", un progetto "di pochi indirizzato a pochi". Certo, gli "strani" non sono facili, talvolta sono scontrosi. Francesco suggerisce allora di non ignorare o dissimulare i conflitti, ma di "accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo". Gli strani richiedono pazienza. Non ci sono formule, ma lo stesso provare a fermarsi e ad avere attenzione e simpatia è un nuovo processo.