Dall’Avvento al Natale: un tempo nel tempo e quella forza che si chiama desiderio
C'è un tempo nel tempo che si chiama “Avvento”. E' meno evocativo, nel sentire comune, della Settimana Santa, ma in realtà è un invito a un'attesa operosa, per riaprire gli occhi, non lasciarsi travolgere dalla corsa al consumo che è tanto forte sotto Natale, il giorno in cui invece quell'attesa si compie; non davanti a un segno vistoso, ma in una grotta, una mangiatoia, davanti a un bambino e ai suoi genitori per i quali non c'era posto. Nel recente festival delle religioni, ci si è posti una domanda in forma di ossimoro: “Felici e scontenti?”. E' questo il rischio di avere e provare una soddisfazione temporanea, ma poi sentire che questo non basta. La realtà del cuore è desiderare, ma la domanda che vale la pena farsi è cosa si desidera davvero. I tempi liturgici aprono questa porta di riflessione per tutti, una porta su quella “casa” attesa che è la pace.
Le diocesi toscane hanno promosso a Firenze un incontro proprio sull'arte come “luogo d'accoglienza”. Nel frattempo è uscito anche 'Chiese chiuse', un accorato saggio di Tomaso Montanari. Fermarsi in una chiesa, in questi tempi segnati dal Covid eppure venati di frenesia, dovrebbe portare a riflettere anche su questo, al mistero della vita, ora in particolare al mistero del Natale. Il musicista e teologo Pierangelo Sequeri ha osservato che la porta delle nostre chiese "dà sulla strada, e chi entra anche se è ateo si trova davanti al mistero". Molto però dipende "da quello che trovi oltre la soglia. Dovresti trovare l’incanto” e scoprire che può significare quel “re bambino” per me. Sequeri ha anche lanciato una riflessione che non va scambiata per provocazione, ma forse come un invito a non farsi scippare il “lavoro” della formazione, dell'educazione interiore, a un livello ancora più essenziale e decisivo, dell'annuncio della Buona notizia: "La pubblicità commerciale pratica ampiamente la via della bellezza. La produzione dei beni di consumo è attestata sui valori simbolici, pratica la liturgia: il valore che si acquista è immateriale. La pubblicità vende potenza, non automobili; vende prestigio, non orologi; vende carattere, non rasoi elettrici. Vende forme e forze spirituali, vende trasformazioni dell’anima. Questo è il suo modo di arrivare al centro dell’anima. Fa il suo lavoro”. Quello di Sequeri è un bel contributo al discernimento, ma anche a vincere il lamento e cogliere l'opportunità di un linguaggio coinvolgenteul