Profezie nel tempo della pandemia globale
Un tempo senza profezie è un tempo arido, perché viene a mancare l'orientamento. C'è anche un tempo di mancato ascolto delle profezie, delle visioni, dell'orientamento a una vita che sa condividere, amare, non bastare a se stessa. Talvolta si può vivere credendo, ma senza vivere ciò in cui si crede. Non basta sapere quello che si dice di credere. Anzi spesso si sa bene dove si dovrebbe andare, eppure si cambia un po' strada, si rimanda.
Siamo sotto il segno di una pandemia globale. Tutti lo sanno ma sembra mancare un anelito vero, profondo, verso l'unità della famiglia umana: quelli che stanno bene sono come intorpiditi dalla preoccupazione per sé, per il resto osservano come uno spettacolo. La tragedia del Tigrai, ad esempio, sembra non riguardare nessuno, mentre c'è stato un po' di risveglio per la conflittualità russo-ucraina, con il penoso e pericoloso atteggiamento dei media di attendere la guerra come una notizia da dare.
Ma nelle città desertificate da una certa cultura della solitudine (fuori dalla pandemia coltivata anche con compiacimento) alcuni si sono fatti avanti per moltiplicare il pane di sussistenza a chi non ha a casa o non ce la fa ad arrivare alla fine del mese. Gli stessi hanno avvertito come manchi anche un pane fatto di parole vere, interessate, capaci di raggiungere e accompagnare, superare l'effetto compulsivo degli smartphone che fa passare sempre oltre e rende gli altri invisibili. I sensibili al Vangelo e le persone di buona volontà offrono a se stessi “pani e pesci”, un altro nutrimento rispetto alle pietre e i veleni che costituiscono un amaro pane quotidiano per tante moltitudini.