Il Centro La Pira e le onde della Storia
Ha un’aria sempre giovane Maurizio Certini. E un segreto c’è. È la passione ricevuta e vissuta con il movimento di Chiara Lubich, declinata lungo molti anni alla guida, a Firenze, del Centro internazionale studenti Giorgio La Pira, di cui ora è consigliere, e parallelamente nel valorizzare i documenti lapiriani, con la partecipazione alla causa di beatificazione del Sindaco Santo. La Conferenza dei Sindaci del Mediterraneo e il Convegno Cei dei vescovi cattolici delle diocesi che si affacciano sul Mare nostrum ("Mediterraneo frontiera di pace") portano il segno di La Pira, da vivere in tempi nuovi e con nuove sfide.
- Come e perché nasce il Centro La Pira?
"Nel 1978, quando nacque il Centro internazionale studenti eravamo nel pieno della crisi, relativamente agli studenti universitari che giungevano dai paesi economicamente deboli, Africa, America Latina, ma anche dalla sponda Sud del Mediterraneo.
Con l’inizio degli anni Settanta, veniva meno l’interesse dell’Italia per l’attrazione di studenti dei paesi ex coloniali, che dovevano formare i propri quadri dirigenti, espresso anche con la concessione di numerose borse di studio. Il movimento studentesco, gli anni di piombo … si ebbe paura della politicizzazione degli studenti, anche degli stranieri. In pochi anni le borse vennero quasi completamente soppresse e i visti d’ingresso diminuirono radicalmente.
Gli studenti di molti paesi vivevano un periodo di grave difficoltà.
La Chiesa aveva a cuore il problema degli studenti esteri, e così il cardinal Giovanni Benelli (che era stato accanto a Paolo VI nella Segreteria di Stato), appena arrivato a Firenze come nuovo arcivescovo, volle dar vita a una “casa dei popoli” in cui i giovani internazionali si sentissero accolti, e valorizzati nelle proprie differenze culturali e religiose, e in cui avessero la dignità di cittadini di una società che stava mutando, divenendo oggettivamente plurale. Nacque il Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, con sede in Via de’ Pescioni, nella Sala Teatina. Il cardinal Benelli parlò per la prima volta di questa sua idea con Fioretta Mazzei, collaboratrice di La Pira, durante il funerale del Professore, morto il 5 novembre del 1977. E poi si rivolse a Chiara Lubich fondatrice del Movimento dei Focolari, Opera che stimava per la sua esperienza internazionale e interculturale e che vedeva adatta per animare un’esperienza ecclesiale nuova, sintonizzata con la visione lapiriana del dialogo, dell’unità e della pace.
Coi primi volontari e volontarie, iniziarono i servizi per l’orientamento allo studio, la ricerca e la messa a disposizione di alloggi gratuiti, il sostegno sanitario, la scuola di lingua italiana, le varie attività culturali, le esperienze di cooperazione internazionale, le attività sportive sul territorio, l’aggregazione delle prime associazioni che sono state la base delle prime Comunità di nuova immigrazione".
- Gli studenti stranieri sono progressivamente cresciuti nella città di Firenze, dagli studenti mandati a studiare nelle università agli immigrati arrivati a ondate dopo il ’94…
"I migranti in cerca di lavoro, che sono giunti a Firenze negli anni successivi, a ondate, hanno sicuramente beneficiato dell’esperienza che era maturata in città, a partire dal Centro La Pira. Molti dei nuovi arrivati sono transitati dal Centro, soprattutto per imparare l’italiano. Si calcola che in quasi otre 40 anni di vita siano transitate dal Centro La Pira più di 30mila persone di tutto il mondo, compresi i giovani italiani che lo hanno frequentato.
Ricordo che in Italia la prima Consulta provinciale dell’Immigrazione fu realizzata a Firenze, durante l’Amministrazione Gesualdi, con l’assessore Vittorio Lampronti.
La schiarita per gli studenti arriva alla fine degli anni Novanta, con la nuova legge sull’immigrazione, la legge Turco-Napolitano del 1998, e con il successivo Testo Unico sull’Immigrazione.
Nell’articolo dedicato agli studenti stranieri viene assicurata la parità di trattamento con lo studente cittadino italiano, per garantire il diritto internazionale allo studio.
Con il Regolamento di attuazione, approvato nel 1999, tutte le normative per il diritto allo studio possono finalmente valere anche per gli studenti stranieri. È una battaglia vinta, grazie all’impegno di varie associazioni tra cui il Centro La Pira.
Concretamente, significa che gli studenti stranieri possono accedere al pari degli italiani alle borse di studio istituite dalla Regioni"
- Come vive uno studente che arriva qui?
"Nonostante tutto, il percorso di uno studente universitario che arriva da un Paese economicamente svantaggiato è ancora oggi una corsa a ostacoli. Qui sta l’importanza di una accoglienza fraterna, che dia un’anima…
C’è, spesse volte, uno shock culturale da superare.
Inoltre, tra gli studenti provenienti da paesi emergenti extraeuropei, si vive troppo spesso un’esperienza amara, dovuta alla diminuzione della sfera dei rapporti personali: famiglia, amicizie. Arrivati in Occidente si sperimenta una condizione di povertà sociale alla quale non si è abituati.
Non sono soltanto le ristrettezze economiche, dovute al più alto costo della vita, a mettere in difficoltà il giovane studente estero, ma sopraggiunge il disagio di sentirsi solo nell’affrontare un sistema sociale e universitario che non si conosce: la burocrazia e le code interminabili alla Questura per l’ottenimento dei permessi di soggiorno, il metodo di studio, la modalità degli esami, trovare un alloggio a un prezzo accettabile, la diffidenza dei proprietari nei confronti del giovane straniero, la perdita dell’orientamento religioso in un contesto di cultura individualista, consumistica, relativistica".
- Come porta avanti, il Centro, l’intuizione di La Pira?
"La Pira era anzitutto uomo di relazione. Oltre ad avere una dimensione altissima di studioso, di amministratore, di mistico, di uomo costruttore di pace a livello internazionale, era similmente a papa Francesco, capace di stabilire relazioni vere con chiunque e aprire con tutti un dialogo. Perché aveva una visione chiara di futuro. Se lo incontravi per strada si fermava sempre a parlare, specie se eri una persona giovane. Chiedeva di te, ascoltava con attenzione e ti portava a riflettere su cose alte che danno senso all’esistenza. Ti dava fiducia. L’azione del Centro La Pira inizia da qui. Dallo sguardo al futuro e dall’immediatezza della relazione. Dall’interesse per ogni persona, dall’impegno per costruire insieme un mondo più unito. E’ un’originale, positiva esperienza di socialità".
- Cosa possono rappresentare la Conferenza dei Sindaci e l’incontro dei Vescovi del Mediterraneo?
"Occasioni per costruire la pace. I famosi Colloqui e Convegni i promossi da La Pira erano questo. Erano anni difficili, come del resto lo sono i nostri; erano anni di fermento sociale, di rischio atomico.
L’attenzione di La Pira alla dimensione internazionale della politica, sempre rivolta alla costruzione della pace presuppone l’impegno solidale dell’intera famiglia umana, con una strategia che chiede la partecipazione attiva di tutti i popoli, ciascuno coi propri limiti e con le proprie virtù.
Il sindaco La Pira usava dire che gli Stati passano, ma le città, come organismi viventi costruiti nel tempo, dalle generazioni, restano. La Pira, con questo, cercava di andare alle radici della storia, volendo individuare la buona interconnessione tra passato, presente e futuro, come è la radice per il frutto: 'uniamo le città per unire il mondo', diceva. Era convinto che le realtà urbane potessero produrre un impatto positivo a livello internazionale, contribuendo a far superare i conflitti tra gli stessi Stati. Le città, infatti, sono state in dialogo tra di loro prima ancora che diventassero parte di una Nazione con confini precisi, con rivendicazioni politiche ed economiche su questi confini.
La Pira apriva negoziati, aveva inventato un nuovo modo di fare politica estera. A Firenze tornano i sindaci delle città che si affacciano sullo stesso Mare, tornano con speranza i rappresentanti di chiese locali, che desiderano favorire un processo di integrazione, di reciproca solidarietà tra i fedeli delle diverse sponde e tra tutti.
Mai come oggi la vocazione interculturale e interreligiosa di Firenze assume la sua attualità: per il suo stile aperto al dialogo, per la sua esperienza d’incontro e di scambio. Il dialogo costa, soprattutto con le persone che scelgono di andare in un’altra direzione, è difficile tra persone di paesi diversi.
Il dialogo è difficile perché non conosci. Il dialogo è la sfida di sempre, ma è la nostra sfida, oggi. Ed è l’unica via possibile che l’umanità possa percorrere".
- Lei è impegnato nella Causa di Beatificazione di La Pira. Cosa vuole dire “santo” per un uomo e una donna di oggi?
"Il Santo è una persona liberata, aperta al nuovo, è l’essere umano realizzato, che opera per unire, che sa amare… Ogni religione ha una visione propria ma simile, del Santo. E chiaramente, La Pira, come è stato definito da Papa San Paolo VI, “contemplativo nell’azione, che aveva chiari i fini”, e che sapeva interpretare gli avvenimenti della storia, operando pragmaticamente per orientare la politica verso scelte di giustizia e di pace, lo si capisce appieno se lo si colloca nella sua dimensione di cristiano laico, di innamorato di Dio.
Ma perché La Pira era ed è chiamato 'il sindaco santo', anche da chi non ha un riferimento culturale di tipo religioso? Perché ha una così diffusa fama di santità. Non certo perché pregava molto o perché si faceva in pubblico il segno della croce. La Pira è considerato un Santo perché la sua fede religiosa non era ideologia e perché non viveva esclusivamente per sé, non aveva un interesse personale. In quanto mosso da un’istanza spirituale, che fa propria una fede religiosa, aveva reciso ogni legame con il potere. Non c’era ambizione o cupidigia in La Pira, ma esclusivo interesse per il bene comune".