Abele, un bambino
"Tratto dalle acque", "Salvato dalle acque", dall'annegamento. Il significato del nome di Mosè, attribuito dalla figlia del Faraone, è una bella espressione di uso corrente. C'è da domandarsi quanto sia veramente praticata. Perché accada bisogna fare come la figlia del Faraone che "ebbe compassione" sentendo piangere quel bambino, che un giorno parlerà con Dio. Vergogna e compassione salvano: mancano verso quelle imbarcazioni che sembrano la culla di Mosé tra i giunchi, nell'abisso dei pericoli delle autocisterne, sotto le ruote di tir e camion alle frontiere, nei "vani" auto vicini ai motori, nel caldo infernale, nel ghiaccio delle traversate invernali. I piccoli Mosè del nostro tempo cercano compassione e adozione, ma spesso viene loro negata, nelle acque, nei deserti, alle frontiere e tra le bombe. Bisogna ringraziare e promuovere i corridoi umanitari, che danno la certezza di un percorso.
Abele ha il volto di un bambino. Chi ascolta il grido dei bambini?
