L'ora di Religione

L’accidia: il male oscuro diffuso nell’inerzia e nella corsa

E' molto lontana dalla consapevolezza di chi ci è immerso, ma è tanto praticata: l'accidia. In genere la si considera coma una sorta di inerzia senza scopi, ma presenta tratti più profondi e marcati, anche in situazioni di estrema fretta, velocità, di vita cosiddetta "smart". Si tratta di "un passo... che... anziché alla vita, porta alla morte, morte violenta o morte lenta, quotidiana, fatta di diversivi e di vane distrazioni", scrive drasticamente - e fa bene - Gabriel Bunge in 'Akedia, il male oscuro' (ed. Qiqajon), una piccola ed efficace grammatica di comprensione di questo stato interiore in cui si intrecciano frustrazione (con l'effetto della tristezza) e aggressività (con manifestazioni di rabbia). La risposta, in questo spazio offerta genericamente e rimandando alla lettura del libro, che fa tesoro della grande riflessione di Evagrio Pontico, è perseverare in ciò che si sa buono e costa fatica, che appare tanto più pesante dopo la lunga predicazione, almeno quarantennale, dello spontaneismo, coniugato all'emozione, come strada di felicità. Il punto è che invece, forse proprio per questo, siamo spesso malati di rancore, cioè di quella frustrazione per ciò che ci aspettiamo dagli altri verso noi stessi e che non arriva o che, quando arriva,  non è mai troppo.

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