LE RAGAZZE DI BINT JBEIL
Giovedì si presentava come una giornata interessante, di quelle in cui c’è il rapporto con la gente del luogo, quelle che più mi piacciono. Ho sempre pensato, da quando mi sono arruolata, che solo una vita come questa potesse mettermi a contatto con così tante e diverse culture ed accrescermi interiormente, proprio perché queste culture le avrei incontrate in situazioni di vita normale o peggio ancora disagiata, non uscendo da un villaggio vacanze per una passeggiata tra popolazioni locali assuefatte e rassegnate al turista occidentale.
Giovedì si usciva per l’incontro del Comandante con il sindaco di Bint Jbeil: io avrei dovuto fare le foto, come sempre accade per il mio incarico, ma la cosa bella era che il programma prevedeva un’uscita nel paese, nel centro del paese, dove si sarebbe svolto, come ogni giovedì, il mercato.
Mi sarei immersa nella vera vita locale, avrei visto le bancarelle e la gente del posto mentre contrattava quello di cui aveva bisogno al banco degli abiti o delle verdure: come da noi succede, ma con lingua, abbigliamento, gestualità diverse… La mia curiosità mi aveva già fatto capire che sarebbe stata una giornata di quelle che avrei ricordato, di questa missione.
Arrivammo in perfetto orario. Erano le 10.00 quando il Comandante scendendo dalla macchina strinse la mano al sindaco che lo stava attendendo ai piedi del palazzo del comune. Si ritirarono nel suo ufficio e, dopo aver scattato loro un paio di foto, uscii da quella stanza per aspettare che l’incontro finisse; cosa che avvenne dopo circa 40 minuti. Io non stavo più nella pelle: stavamo scendendo in paese, ci saremmo immersi tra la gente del posto, avremmo raggiunto il mercato!
Cominciai a guardarmi intorno come un bimbo appena entrato al luna park: tutto per me era nuovo, Bint Jbeil non l’avevo mai vista ed è considerata una cittadina tra le più importanti a sud del fiume Litani. Peraltro, nel mio incarico di fotografa, normalmente scatto immagini alle cerimonie o negli incontri all’interno delle basi. Talvolta scatto foto ai colleghi impegnati in pattuglia, in mezzo alle campagne o sulle strade che percorriamo. Raramente mi capita di scattare foto in centri abitati.
Il mercato era stupendo: la stessa sensazione del mercato italiano ma con aromi, suoni e una luce diversi. Mi ha sempre affascinato il medio oriente, io in questo mercato ci avrei trascorso almeno due giorni.
Cercavo anche di immedesimarmi nelle donne che incontravo, la gran parte delle quali indossava il velo sui capelli: mi domandavo cosa pensassero di me donna in uniforme, pur sapendo benissimo che anche il Libano si è aperto da qualche tempo a questa realtà. Ma qui siamo al sud e certi cambiamenti, come nel sud dal quale provengo io, possono tardare ad essere assimilati …
Ci imbattemmo, a un certo punto, in cinque ragazze locali: sguardo vispo, veli colorati sui capelli, portati con eleganza su camicie, jeans e abiti da festa. Incrociarono il mio sguardo: “Kifik?” azzardò una di loro rivolgendosi a me. Il saluto locale libanese mi lasciò un attimo titubante poiché non me lo aspettavo. “How are you?” intervenne allora l’amica, cercando di farmi capire che volevano solo stabilire un contatto, incuriosite dalla mia uniforme.
Risposi loro sorridendo, più imbarazzata di quanto potessi io stessa credere. Fu a quel punto che Intervenne uno degli ufficiali del nostro gruppo, proponendo alle ragazze una foto con me tra loro: e dire che la fotografa sarei stata io…
La foto ce la scattò: è quella che accompagna questo mio racconto. Al quale non serve altro. Gli sguardi delle mie amiche di Bint Jbeil parlano da soli: nei loro occhi c’è la curiosità, l’amicizia, l’emancipazione e l’apertura verso altre culture. Gli occhi delle ragazze di Bint Jbeil. Il ricordo più bello che, al momento, porterò a casa da questa missione.