Libano, confine sud

UN FIUME FREDDO CHE SCALDA I CUORI

Nahr El Bahred è una località a nord del Libano dove esisteva – e si sta riorganizzando - uno dei più estesi campi profughi palestinesi. Letteralmente significa “fiume freddo”, facile capire l’origine del nome. Che però, per i libanesi, dal 2007 rappresenta una delle pagine più tristi della loro storia contemporanea, avendo dato il nome alla cruentissima battaglia che si scatenò intorno al campo a causa di una fazione terroristica che si rifugiò al suo interno e che tenne impegnate le Forze Armate Libanesi per 105 giorni, causando la morte di 168 persone tra i militari, più numerose vittime civili.

Tra i militari libanesi morti c’era il tenente colonnello Sobhi Akhoury, sposato e padre di quattro bimbi. La moglie, la signora Lea, era ed è una di quelle persone che tendono a pensare anche agli altri, quando le cose vanno bene e quando vanno peggio. E così, trovatasi vedova a 35 anni con quattro figli da mantenere, invece di pensare a sé stessa ha riflettuto su quante di quelle altre 167 famiglie si stavano trovando nella sua stessa condizione. E a come poter dare loro una mano o come poter condividere con loro gli sforzi per ricominciare…

Non perdendosi d’animo, ha dato vita ad una fondazione - intitolandola a suo marito - il cui precipuo scopo è l’assistenza ai bambini ed ai giovani orfani dei militari delle forze armate libanesi. Organizza uno o due “campi” all’anno e svariati altri eventi, grazie al supporto logistico delle stesse Forze Armate garantito dal Generale Kahwagj, Capo di Stato Maggiore, ed alle donazioni della gente comune e degli altri militari. Le forze armate libanesi sono considerate dalla cittadinanza il collante della nazione, i garanti dell’uguaglianza e del reciproco rispetto in una terra ove coesistono ben diciotto confessioni religiose diverse. Sono l’assicurazione stipulata dalla gente del Libano contro la possibilità che una nuova guerra civile e settaria possa ancora verificarsi, dopo il conflitto che ha martoriato questa terra per 15 lunghi anni dal 1975 al 1990.

E così, oggi l’associazione segue tra i 500 ed i 600 bambini ogni anno: gli scontri in cui le forze armate libanesi sono state chiamate negli ultimi anni non sono purtroppo stati così rari, da cui ne consegue che il problema degli orfani ancora sicuramente esiste.

Grazie all’ambasciata italiana entriamo in contatto con l’associazione e con Lea, la sua fondatrice. Ci dice che avrebbe piacere di portare i ragazzi a visitare la nostra base e a conoscerci, magari passando qualche ora con noi. L’Italia in Libano va molto: dalla missione del Generale Angioni in poi, siamo diventati per il popolo libanese il punto di riferimento europeo a livello di modo di vivere, di cucina, di cultura e di moda.

Parte l’organizzazione della “missione”: Alfonso, il collega che si occupa delle visite alla nostra base, propone un “laboratorio di pizza”. Saranno bambini e ragazzi dai 5 ai 18 anni, possiamo far loro preparare l’impasto nella nostra pizzeria e poi far cuocere il loro prodotto, facendoglielo gustare subito. Detto, fatto.

Ieri i nostri amici ci hanno fatto visita. Inutile dire che è stato un successo. Suggellato, in conclusione, dal più vispo del gruppo che ci ha salutato affermando, in un italiano che lui non parla e non conosce ma che si è imparato a memoria informandosi da uno dei nostri assistenti linguistici: “grazie per questa splendida giornata!”

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La Lettera di ringraziamento del Gen Kahwagi, Capo di Stato Maggiore delle forze armate libanesi (LAF)

Ulteriori notizie sulla fondazione di assistenza agli orfani dei militari libanesi possono essere reperite all’indirizzo www.sobhiakoury.org

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