Libano, confine sud

L’ ABBRACCIO

Dopo tre mesi di missione nel Sud del Libano arriva il momento della tanto aspettata licenza. Ci imbarchiamo a Beirut alla volta dell’Italia, impazienti di tornare a casa ad abbracciare i nostri cari, anche se solo per pochi giorni. Spossati dal lungo e faticoso viaggio e desiderosi di un po’ di riposo arriviamo finalmente a Roma e lì, come d’incanto, accade un fatto che mi trasmette una sensazione così forte da farmi riprendere in un attimo: una bambina bellissima si getta al collo del suo papà in mimetica, sciogliendosi in un lungo abbraccio. Quel gesto, che fino ad oggi ho visto solo in immagini postate da amici stranieri sui social network, mi fa svegliare di soprassalto: prendo il mio smartphone e scatto la foto!

Il papa’ che si è da poco messo gli occhiali da sole per non impressionare la bambina con le sue occhiaie date da 24 ore di viaggio, la bambina che non lo guarda in viso ma se lo stringe con l’orecchio poggiato al suo cuore senza volerlo lasciare: riesco ad immortalare quel momento particolare e irripetibile per poterne avere poi testimonianza.

Torniamo in Libano per continuare la nostra missione, chiamo il collega, Donato, per mostrargli la foto: ne è felicissimo. La sua piccola bimba è riuscita a farmi emozionare. Parliamo un po’ per conoscerci meglio e scopro una storia davvero singolare. Mi racconta:

“Sono un veterano di missioni all’estero, questa per me e’ la nona, sono stato in Afghanistan, Albania, Kosovo e due volte qui in Libano. Ma questa missione e’ totalmente diversa dalle altre: ho mia figlia a casa che mi aspetta, Angelica. E’ nata nel 2011 dal mio matrimonio con Francesca, che ha vissuto la mia assenza per ben quattro missioni.”

Gli chiedo come mai la scelta del nome Angelica e qui, la sua risposta che non mi aspetto:

“Deve sapere che io ho origini lontane: sono nato in Perù nel 1982 e ho un gemello; entrambi siamo stati adottati da una famiglia italiana all’eta’ di otto mesi. Ho cercato informazioni sulla mia vera mamma, che non mi sono state mai negate e ho scoperto che il suo secondo nome e’ Angelica: ecco perché mia figlia si chiama cosi’”

Non essendo ancora padre mi permetto di chiedergli quali siano state le emozioni dovute all’esistenza ora di una figlia, alla partenza per la missione. Mi risponde:

“Il giorno della partenza ero molto triste, ma non per il fatto che stavo partendo per l’estero; ne ho gia fatte tante, so come funziona. Il problema era che stavo lasciando una parte del mio cuore in Italia, la mia bimba di soli quattro anni: ne ho sofferto molto il distacco. Da quando e’ nata questa e’ la seconda missione che faccio. Nella prima ancora era molto piccola e non capiva, questa volta si. Lasciarla e’ stata dura, sentirle dire durante le nostre videochiamate che le manco mi far star male, ma sono fortunato che grazie alla tecnologia riesco a vederla e sentirla tutti i giorni. Quell’abbraccio che lei ha fotografato racchiude la sua felicita’ nel rivedermi dopo questi mesi di assenza. Quando siamo ripartiti, al termine della licenza, salutarla non e’ stato molto traumatico come il giorno dell’inizio missione: lei sa già che la prossima volta che mi vedra' sara’ per sempre e non dovro’ piu’ ripartire…”

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