“L’ha detto il Tg1”. E chi ne se ne frega…
Devo confessare che le recenti baruffe avvenute tra i vari partiti (col Pdl in testa) e che hanno coinvolto addirittura il presidente della Camera Fini e il presidente del Senato Schifani, per la scelta dei membri del nuovo Cda della Rai, mi hanno davvero impressionato. Per un paio di motivi almeno.
Primo, perché ancora una volta i partiti, che già godono di pessima fama presso gli elettori, non solo non hanno fatto un passo indietro rispetto alla nomine, così tanto per dare una pur timida risposta al diffusissimo sentimento dell’antipolitica, ma hanno fatto di tutto per sponsorizzare (e quindi etichettare) propri candidati. Insomma, la politica continua a voler mettere le mani sulla Rai e continua a voler condizionare in qualche maniera l’azienda.
L’altro motivo che mi ha stupito molto, è come i partiti continuino imperterriti a considerare centrale l’importanza della Rai e dell’informazione che l’emittente di Stato può offrire.
Tanti politici di tanti partiti, secondo me, nel loro elefantiaco procedere, e nelle loro granitiche convinzioni, pensano forse ancora di essere alla fine degli anni Cinquanta, quando, con l’avvento della tv in Italia, chi controllava l’informazione poteva quasi pensare di controllare il Paese e i suoi umori.
Da quel tempo antico sono trascorsi decenni e le trasformazioni avvenute nel mondo hanno inciso in maniera determinante nella società. Solo i leader dei partiti sembrano non essersi accorti di questo piccolo particolare e continuano ad accapigliarsi per un consigliere d’amministrazione o per il direttore di una testata o di rete.
Eppure basterebbe analizzare la parabola discendente dell’ex premier Berlusconi per rendersi conto che l’informazione non è più strutturata come una volta. Il Cavaliere di Arcore pur avendo al suo fianco per anni quasi tutte le reti televisive più importanti, pur potendo contare sull’appoggio talvolta sfegatato di amministratori e direttori, eppure alla fine (novembre scorso) è stato costretto a gettare la spugna. E’ stato costretto a dare quelle dimissioni che mai, con l’appoggio mediatico che aveva, si sarebbe sognato di dover dare. Eppure le ha date perché ormai la maggioranza dell’opinione pubblica del Paese chiedeva a gran voce il ricambio.
Una opinione pubblica formatasi su tg diversi da quelli della Rai, su tg diversi da quelli di Mediaset (due su tutti: quello de La7 di Mentana e quello di Sky) e plasmatasi soprattutto su un ventaglio di offerte che culminava in tutto ciò che metteva (e mette) a disposizione Internet: dai quotidiani on line, ai portali, ai blog, ai social network. E’ questa la vera rivoluzione dell’informazione, è questa la nuova frontiera di chi vuole farsi un’opinione diversa da quella preconfezionata. Ma i politici sembrano non saperlo.
Altro esempio. Guardate il fenomeno di Beppe Grillo. Non ha una televisione che lo sostiene, neppure una radiolina. Eppure, nonostante tutto questo il Movimento 5 Stelle sta aumentando consensi ovunque. Grazie ovviamente ad Internet.
Ma i leader dei partiti se le faranno fra sé e sé queste considerazioni, si interrogheranno mai sulla forza dell’informazione che viaggia via computer e via cellulari, si chiederanno mai come è caduto Berlusconi e come possa aver fatto Grillo ad avere il seguito che ha?
Io penso che gente che è in parlamento da venti, trenta, quarant’anni e passa sia così piena di sé, sia così convinta del proprio potere, sia così convinta della propria eternità politica, che non sappia neppure cosa succede in giro, fuori dai palazzi storici di Roma, al mercato, per le strade, nelle piazze, sul web.
E forse questi politici si cullano ancora nell’idea (sennò non si scannerebbero così tanto per controllare la Rai) di quando in Italia si diceva: “L’ha detto il Tg”, volendo indicare così una verità assoluta, un dogma indiscutibile come tutti i dogmi, volendo fugare ogni dubbio.
“L’ha detto il Tg” si diceva ai primordi della Rai e anche molto tempo dopo. Oggi se qualcuno in una discussione qualsiasi se ne uscisse con un “L’ha detto il Tg1” una replica più che scontata potrebbe essere “E chi se ne frega”.