L'Italia sulla luna

Pd, le regole delle primarie: non può vincere chi si chiama Matteo

Se fossi un fan sfegatato dell’attuale Pd (ma non lo sono) mi preoccuperei davvero per l’immagine che il partito sta dando di sé con la vicenda delle primarie a cui aspirerebbe partecipare, come ormai tutti sanno, anche il rottamatore sindaco di Firenze Matteo Renzi. Primarie di coalizione (sembra) per le quali al momento sono in fila un sacco di personaggi: dal segretario del Pd Bersani a Renzi, appunto, da Vendola a Tabacci.
Primarie sulle quali si è a lungo discusso (fino a sfasciare la pazienza di tanti elettori), che dovrebbero svolgersi (ammesso che si svolgano) fra un paio di mesi e che hanno tenuto impegnato le menti più lucide del partito per definirne le regole.
Regole che ieri hanno visto una prima luce e che dovrebbero avere una definitiva conferma dell’assemblea nazionale del Pd prevista per sabato.
Regole che, ad una prima lettura fanno davvero sbellicare dal ridere e che, sempre ad una prima lettura, sembrano fatte apposta per ostacolare una massiccia partecipazione di gente in grado di proporre idee e cambiamenti.
Pensate un po’ che per partecipare alle famose primarie del Pd (stando a quanto finora stabilito) bisognerà ritirare un certificato elettorale, iscriversi all’albo degli elettori, fare addirittura una dichiarazione di sostegno al centrosinistra. Tenete presente che i nomi dei votanti potranno essere resi pubblici “non perché (dicono) avranno partecipato alla consultazione”, ma in quanto “sostenitori” della coalizione.
E già a questo punto sembra davvero di essere su “Scherzi a parte”. Ma andiamo avanti. Se nessuno dei candidati alle primarie dovesse superare il 50 per cento delle preferenze al primo turno, si andrebbe ad un secondo turno. Al quale (altro spot per “Scherzi a parte”) potrebbe partecipare solo chi ha già votato al primo turno. E se uno che ha partecipato al primo turno ha un impegno, se uno prende l’influenza, se uno ha da portare la suocera a pranzo in campagna? Niente di tutto questo è previsto dal regolamento. I cervelloni del Pd non hanno pensato a deroghe. Deroghe, ad esempio, come quelle che (modificando lo statuto del partito) permettono ad alcuni personaggi di spicco della dirigenza di continuare a stare in parlamento nonostante abbiano già svolto tre mandati.
Dice Renzi, un po’ sbigottito dalle novità messe in campo dai soloni del Pd: “Non capisco perché non vadano bene le regole del passato, quelle che andavano bene quando hanno vinto Prodi, Veltroni, Bersani”. Renzi aggiunge comunque di coltivare la speranza che da qui all’assemblea nazionale del Pd prevalga la saggezza e non si cambino le regole in corsa.
Non sono un fan sfegatato di questo Pd ma spero anch’io che la saggezza prevalga e che queste risibili regolette di primarie messe insieme tanto per complicare la corsa a Renzi, possano essere messe da parte.
Sennò bisognerebbe davvero dire che il Pd ha davvero poco di quel “democratico” che ha nel nome del partito e che ha anche parecchio tempo da perdere.
Perché Bersani e compagnia bella invece di stare a scervellarsi per giorni e giorni su come rendere una corsa ad ostacoli quella di Renzi alle primarie e partorire soluzioni cervellotiche avrebbero potuto limitarsi ad un sola, piccola insignificante norma per partecipare alla competizione. Una norma semplicissima che avrebbe potuto recitare così: “Non può vincere chiunque si chiami Matteo”.

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