L'Italia sulla luna

L’Italia, un Paese malato non solo dentro gli stadi

Giustamente in queste ore  tutti i riflettori dell’indignazione sono puntati su quello che è successo sabato sera a Roma, prima e durante la finale di Coppa Italia di calcio fra Fiorentina e Napoli.

Fatti inquietanti e disgustosi e scene altrettanto disgustose: l’ultrà della Roma che, fuori dallo stadio, con una rivoltella spara ad un gruppo di tifosi napoletani e ne riduce uno in fin di vita; tutti i conciliaboli tra le varie autorità per discutere se giocare o non giocare la partita; l’assenso definitivo per fare svolgere la gara dato a responsabili di ordine pubblico e calcio da un certo Genny ‘a carogna, capo degli ultras napoletani, figlio di un affiliato alla camorra, sostenitore (come riportato sulla maglietta che indossava) della libertà di quel delinquente che anni fa uccise a Catania l’ispettore di polizia Filippo Raciti e che, fortunatamente, è per il momento in galera.

Un personaggio da ribrezzo, questo Genny ‘a carogna, che a cavalcioni delle transenne dello stadio dà ordini a  rappresentanti dello Stato. I quali, a quanto sembra, umilmente, eseguono. Un personaggio che oggi campeggia su giornali, schermi e teleschermi vari. E per il quale il ministro dell’Interno Alfano avrebbe intenzione di proporre, udite udite, un Daspo a vita.

Vi immaginate un Daspo a vita per Genny ‘a carogna? Se la situazione non fosse grave, ci sarebbe veramente da ridere. Genny ‘a carogna che se ne va in giro in mezzo a sessantamila persone (quanti ce n’erano all’Olimpico) con una maglietta che inneggia ad un assassino, uno che a quanto pare è il capo riconosciuto degli ultrà partenopei, uno che decide se si gioca o no una partita, ve lo immaginate costretto a restare fuori da uno stadio per tutta la vita?      

Quella di ieri sera è stata certamente, come sottolineato da tanti illustri commentatori, una delle pagine più brutte della storia del nostro calcio. Ed è di certo così, anche se pure negli anni passati, intorno al calcio,  ci sono stati tanti altri episodi di violenza. Con qualche morto anche.

La vedova del povero ispettore Raciti, ucciso mentre era in servizio d’ordine intorno allo stadio di Catania, ha detto sconvolta dall’accaduto e da quella maglietta che l’ha profondamente ferita: “E’ una vergogna, lo stadio in mano a dei violenti e lo Stato che non reagisce, impotente e quindi ha perso”.

E’ così. Lo Stato ha perso. Ma non ha perso sabato sera sul bellissimo prato dell’Olimpico, è da anni che sta perdendo, è da anni che lo Stato non sta facendo niente per recuperare autorevolezza e credibilità.

Uno Stato fortemente sospettato di aver fatto trattative con la mafia; uno Stato che permette che ogni pineta, ogni giardino in Italia siano bottega di spaccio di ogni droga proibita; uno Stato che permette che ogni giorno vengano vendute per le strade e le piazze di casa nostra tonnellate di merce contraffatta e prodotta da ogni sorta di mafia; uno Stato che ogni mattina deve assistere all’arresto di qualche super dipendente pubblico per vicende di malaffare; uno Stato che per tanti colpevoli usa il guanto di velluto; uno Stato che permette che ogni anno vengano evase tasse per più di cento miliardi di euro; uno Stato che lascia in libertà gente accusata di delitti gravissimi o dà permessi premio a gente condannata per omicidio; uno Stato che (per venire a questi giorni) assiste senza reagire allo spettacolo di un foltissimo gruppo di poliziotti che applaude per cinque minuti tre loro colleghi condannati in via definitiva per omicidio colposo per aver ucciso a botte un ragazzo inerme; uno Stato che ogni giorno convive con mafiosi e camorristi nascosti nelle istituzioni; uno Stato che permette che milioni di fannulloni vengano lautamente retribuiti dallo Stato stesso; uno Stato incapace ormai di dare ai cittadini insegnamenti, di premiare i meritevoli e colpire duramente i violenti.

Cosa vorrebbe questo Stato? Che gli stadi venissero riempiti solo da personcine educate, a modo, gentili, non violente, non irascibili, laboriose, con nessuna tendenza a delinquere? Pretenderebbe tutto questo uno Stato incapace di ogni iniziativa per rendere migliore e più tranquilla la vita di milioni di cittadini per bene?

Ecco perché viene da sorridere a pensare ai Daspo a vita prospettati dal ministro Alfano. Perché gli stadi da anni sono solo lo specchio di quello che c’è fuori dai cancelli: e negli stradi entra di tutto, entrano persone per bene, delinquenti, spacciatori, professori universitari, operai, rapinatori, gente strafatta, persone miti e personaggi violenti che vanno ad una partita solo dare sfogo alla loro violenza e alla loro incapacità di essere normali. Una violenza condita da magliette inneggianti a qualche assassino, coltelli, pistole, bombe carta potentissime, manganelli.

Ben vengano i Diaspo. Ma se non si comincia a ridare un senso anche alla società che c’è fuori dagli stadi lo Stato, questo Stato andrà poco lontano. 

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