Enrico Rossi, governatore “comunista democratico”, è già in campagna elettorale. E promette milionate di euro
Le logiche della politica e dei politici sono davvero imperscrutabili. Da lasciare senza fiato, senza parole, senza spiegazioni.
Immaginatevi solo che il governatore della Toscana Enrico Rossi ieri, 25 agosto 2014, in una intervista sul “Corriere della Sera”, è arrivato a definirsi “un comunista democratico”.
Ma come, il governatore della Toscana, Pd, eletto quattro anni fa e in corsa per le prossime regionali del prossimo anno, ha il coraggio di definirsi “comunista”? Un aggettivo ormai desueto, un aggettivo che oggi come oggi fa venire ai più brividi lungo la schiena perché subito il pensiero può correre alla Corea del Nord, che trova pochi riscontri perfino in Cina, un aggettivo a cui addirittura il Partito comunista italiano (partito di provenienza dell’illuminato governatore della Toscana) ha deciso di rinunciare nel 1991, ben ventitré anni fa con la svolta della Bolognina per diventare il Partito democratico della sinistra.
E invece no, il governatore della Toscana ha deciso di riesumare l’ormai obsoleto aggettivo e dichiararsi comunista (anche se democratico, bontà sua). Un governatore che va controcorrente e che qualche volta dovrebbe stare un po’ più attento a ciò che gli succede intorno.
Sì perché dovete sapere che il governatore Rossi ha scoperto solo nel gennaio scorso, quando in una fabbrica tessile di Prato sono bruciati sette operai cinesi, che nel comprensorio fra Prato, Osmannoro e Firenze ci sono migliaia e migliaia di cinesi clandestini moltiplicatisi in anni e anni, fino a diventare venticinquemila secondo certi studiosi del fenomeno, molti di più secondo altri. Fino a quella tragedia sembra che Rossi non avesse mai avuto contezza di quello che succedeva alla porte di Firenze.
Ma questa non è stata la sola scoperta del governatore Rossi nel 2014. Dovendo prendere un treno regionale da Firenze a Grosseto (via Pisa) ed avendoci messo diverse ore per arrivare a destinazione, ha cominciato a sbraitare che le Ferrovie dello Stato non funzionano. E dicendo che la Regione, per i continui disservizi, avrebbe messo il discussione il contratto che la lega a Trenitalia. Insomma Rossi non aveva mai letto sui giornali o su internet le ricorrenti e giustificate lamentele di milioni di pendolari che ogni giorno devono soffrire le pene dell’inferno per raggiungere il posto di lavoro e, al ritorno, l’agognata casetta.
Ma che le logiche della politica e dei politici siano imperscrutabili viene avallato anche dal fatto (voi non ci crederete ma è proprio così) che il “comunista democratico” Rossi ha avuto l’incoronazione a candidato alle elezioni regionali del 2015 addirittura dal premier Matteo Renzi, che, quand’era sindaco di Firenze ha avuto col governatore Rossi epici scontri.
Un battesimo che ha spiazzato tutti: i fan di Renzi che mai e poi mai si sarebbero immaginati che il premier nonché segretario del Pd potesse indicare il nome di un “comunista democratico” (ma tutto, è stato spiegato, rientra nella logica del pluralismo che vige all’interno del Pd) e anche lo stesso Rossi che ha detto: “Mi fa piacere il pronunciamento del presidente Renzi e accetto volentieri la candidatura per un secondo mandato alla guida della Regione. Ovviamente spetterà agli organismi dirigenti del partito decidere, ma la dichiarazione del segretario è un assist formidabile che mi dà forza sia per concludere bene la legislatura, sia per affrontare la prossima campagna elettorale”.
Campagna che praticamente è già cominciata. Infatti proprio nelle ore in cui incassava il battesimo di Renzi, il governatore Rossi si è recato a Viareggio, capitale (una volta) della Versilia che rappresenta (diciamo così) un po’ la pecora nera della Regione.
Sì perché la giunta formata dal Pd, dalla Federazione della sinistra e da una lista civica (dopo essere stata abbandonata da Sel) indebitata sotto una moltitudine di milioni di euro, incapace di risolvere la disperata situazione è sull’orlo della crisi definitiva. Al momento della votazione del bilancio consuntivo del 2013, non ancora approvato, potrebbe essere seppellita dai voti dei consiglieri della minoranza e da alcuni voti dei consiglieri della maggioranza che ormai hanno capito che l’unica maniera per far risorgere la città dai debiti è quella di affidarla ad un Commissario del governo per poi tornare con calma alle elezioni.
E allora volete sapere cosa ha detto il governatore Rossi a Viareggio, a poche ore dal voto sul bilancio in programma per domani sera? Che la Regione è pronta ad intervenire e a dare qualche milioncino di euro al Festival pucciniano in crisi nera, che è pronta ad aiutare il Carnevale anch’esso in crisi con altre migliaia di euro, e che insomma la Regione è pronta a dare una mano a Viareggio ormai in agonia.
Ma il governatore ha detto anche un’altra cosa. Perché in vista del drammatico consiglio comunale di mercoledì si è appellato ai “consiglieri di maggioranza e non solo” perché approvino il bilancio e salvino Viareggio.
No, quell’invocazione “Approvate il bilancio, salvate Viareggio” il governatore Rossi se la poteva anche risparmiare. Quell’esortazione rivolta ai consiglieri comunali non è stata davvero un’uscita felice, dopo aver elencato quanto la Regione potrebbe fare per la città. (Domanda a Rossi: ma la Regione potrebbe fare lo stesso tante belle cose per Viareggio anche con l’arrivo di un Commissario?).
Capisco che se crollasse Viareggio, una città che ha una rilevanza nazionale in campo vacanziero, sarebbe un duro colpo per il governatore che spera nella riconferma. Ma se il governatore si fosse occupato prima delle vicende viareggine (forse non si era accorto neppure di questo) non saremmo arrivati a questo punto.
E, ultima riflessione, se crollasse Viareggio quanto tempo impiegherebbe Renzi a mandare al “comunista democratico” Rossi un messaggio del genere #enricostaisereno?