Se Chapman avesse ucciso Lennon in Italia, da quanto tempo sarebbe libero?
“Sono dispiaciuto per aver causato tutto questo dolore. All’epoca non pensavo ad altri che a me. Mi dispiace di essermi comportato come un idiota e aver scelto la strada sbagliata per la gloria”.
Le parole sono di Mark David Chapman, 59enne americano di Fort Worth, Texas, condannato all’ergastolo e detenuto in un carcere dello stato di New York.
La strada sbagliata per la gloria di cui parla è quella che l’8 dicembre del 1980 lo portò ad uccidere John Lennon, il leggendario cofondatore dei Beatles, che dieci anni prima, andandosene, aveva determinato la fine del gruppo musicale più osannato del ventesimo secolo e che nove anni prima aveva pubblicato “Imagine”, la sua canzone più celebre, l’inno pacifista tuttora più eseguito al mondo.
Cinque colpi di pistola per la strada, davanti al Dakota Building di New York dove Lennon abitava con Yoko Ono e John finì nell’Olimpo dei grandi della musica. Cinque colpi di pistola di un fan che cercava attenzione e che ce l’aveva con lui non si sa bene per cosa, più spesso si dice per aver tradito certi ideali che Chapman aveva riposto nel suo idolo.
Subito dopo aver ucciso Lennon, Chapman non scappò: rimase davanti alla casa di Lennon, tirò fuori dalla sua tasca una copia de “Il giovane Holden”, mitico romanzo del misterioso J.D. Salinger, recentemente scomparso, e aspettò tranquillo che arrivassero ad arrestarlo.
Perché si parla ancora di Chapman? Perché proprio nei giorni scorsi l’assassino di John Lennon ha chiesto la libertà condizionata e la richiesta, che può essere rinnovata ogni due anni, è stata per l’ottava volta respinta dall’apposita commissione.
Chapman dopo 34 anni di galera, resta ancora in carcere. E questa è una di quelle notizie che ti riconciliano con l’idea di giustizia che ognuno di noi si è creato.
Fine della notizia.
Ma la mente non può fare a meno di pensare cosa sarebbe successo se un simile delitto fosse avvenuto in Italia, terra di buonismo, di perdonismo e di un’idea di giustizia spesso misteriosa.
Da quanto tempo Chapman sarebbe tornato ad essere libero cittadino? Da quanto tempo Chapman avrebbe affollato i media con memorie e ricordi, da quanto tempo Chapman girerebbe per scuole, università, festival di letteratura, caffè letterari per portare a tutti il racconto in diretta, magari ogni volta arricchito di qualche particolare inedito, del suo cammino sulla strada sbagliata per la gloria?
Meglio non pensarci.
Meglio non pensare a tutti quegli assassini che pur condannati a pene severe girano indisturbati per le strade, per i giardini pubblici, per le università e per i media della nostra amata Italia dopo essere rimasti in carcere per pochissimo tempo.
Meglio non pensare a quei brigatisti, ideologi e manovali di lusso, che hanno seminato morte e terrore, che hanno avvelenato per anni e anni la nostra vita, e che (tra i tantissimi delitti commessi) il 9 maggio 1978 restituirono ai suoi cari, nel bagagliaio di un’automobile, il corpo di Aldo Moro. Ucciso a sangue freddo dopo 55 giorni di prigionia. Brigatisti che ancora oggi, in piena o in semilibertà, non perdono occasione per tentare di insegnare a vivere.