Non è coi pifferai Camusso e Landini che si risolvono i problemi del lavoro in Italia
Siamo un milione, siamo pronti allo sciopero generale, siamo pronti anche ad altre forme di lotta. La soddisfazione dei leader sindacali della Cgil e della Fiom-Cgil (Camusso e Landini) davanti alla marea di persone che affollano Piazza San Giovanni a Roma, è stampata sui volti. Tutti lì a manifestare contro il governo Renzi, contro il Jobs Act, contro l’abolizione dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, contro chi ha voglia di cambiare verso all’Italia, contro chi dice che sono finiti i tempi in cui un corteo poteva mandare a gambe all’aria un governo.
E’ davvero insopportabile seguire il discorso della signora Camusso, un discorso che sembra uscito pari pari da qualche bel congresso del Pci degli anni ’70, faticoso seguire i propositi del pasdaran Maurizio Landini, propositi (come direbbe Crozza) infarciti di 128 Fiat e gettoni telefonici. Altrettanto insopportabili i distinguo messi in campo da quelli della minoranza Pd (Cuperlo, Civati, Fassina, Damiano mischiati a Epifani, Cofferati, Rosi Bindi) per giustificare, anche in modo provocatorio e denigratorio come ha fatto la Bindi, la loro presenza alla manifestazione.
Padronissimi, tutti questi personaggi, di fare ciò che più gli aggrada. Sono adulti (alcuni anche anziani) vaccinati, forse hanno anche fatto il militare a Cuneo, strapagati dai lavoratori di questo Paese da anni e anni. E’ giusto che dicano e propongano tutte le loro miracolose ricette per ricreare lavoro in Italia. Ma devo dire che tutti i loro interventi non hanno suscitato in me nessun interesse.
Mi interessano invece tutti quei lavoratori, a migliaia, che sfilano per le strade di Roma, avvolti in striscioni e bandiere rosse, che si sono alzati prestissimo la mattina, che, pagando, hanno preso un autobus, o un treno o un aereo per arrivare a Roma a manifestare il loro immenso disagio di questi tempi.
Li guardo mentre sfilano, mentre rispondono alle ovvie domande del cronista televisivo di turno: sono delusi, sfiduciati, incavolati, tristi. Hanno alle loro spalle storie di grande sofferenza: fatte di fabbriche chiuse, licenziamenti, contratti precari, insicurezze, bollette da pagare, famiglie in bilico, figli da mantenere.
Li guardo e non posso che essere dalla loro parte, non posso che emozionarmi davanti alle loro innegabili difficoltà.
Ma mi viene spontanea anche una domanda: è con queste manifestazioni di protesta, è con uno sciopero generale annunciato, che si crea lavoro, che si creano posti di lavoro, che si risolvono i problemi di un’Italia in crisi profonda che sta piano piano cercando di risalire la china? E’ seguendo i pifferai Camusso e Landini che si ricreano le condizioni perché gli investitori tornino ad avere fiducia nell’Italia e nei suoi lavoratori? E poi ancora, cosa hanno fatto i signori Camusso e Landini in tutti questi anni di crisi, in che maniera hanno fatto sì che il lavoro si moltiplicasse in Italia?
E va bene, è stata una bella gita capitata nello splendore dell’ottobrata romana, una giornata che resterà nel ricordo di tanti, ma nulla di più.
Perché dico questo? Perché oltre a tutti quelli che c’erano (ed erano tanti) bisogna ricordare anche tutti quelli che non c’erano a sfilare per le strade di Roma: non c’erano tantissimi del Pd che invece erano impegnati alla fabbrica di idee della Leopolda a Firenze, e soprattutto non c’erano i lavoratori degli altri due sindacati più grandi, la Cisl e la Uil. Lavoratori che evidentemente pensano che non è con le manifestazioni che si risolve il problema del lavoro, lavoratori che pensano chiaramente che a seguire pifferai come la Camusso o Landini la classe operaia non va da nessuna parte. Bisogna cercare altre soluzioni, soluzioni adeguate ai tempi. Ma Camusso e Landini sembrano purtroppo per loro e per chi li segue ormai fuori tempo.