4 novembre: Giornata dei ciarlatani di Stato e delle ruberie d’Italia
E’ passato un altro 4 novembre, ancora acqua in Toscana e in Liguria, ancora esondazioni come a Carrara, case invase dal fango, mobili distrutti, danni per milioni. Seguiranno parole e promesse.
E’ il quarantottesimo 4 novembre da quando la mia casa a Firenze finì sotto qualcosa come quattro metri d’acqua. In pochi minuti tutto perso, tutto distrutto. A quest’ora io e tutto il resto della famiglia, tutti salvati per un pelo dai soldati dell’esercito a Firenze per la Giornata delle Forze Arnate, eravamo ospiti (e ci rimanemmo per parecchio) di una parente che aveva un appartamento all’asciutto.
Sento ancora addosso lo schifo di quell’acqua dell’Arno, uscita dagli argini dopo ore e ore di pioggia, mescolata a fango, a benzina, a gasolio, ai liquami delle fogne. Bisognava ricominciare tutto daccapo. E abbiamo ricominciato.
Ho raccontato questa esperienza più volte, così come, negli anni successivi a quella drammatica avventura, ho raccontato delle mie visite, nelle serate di pioggia, all’uscita dal lavoro, prima di andare a dormire, sulle spallette dell’Arno per dare un’occhiata all’altezza dell’acqua.
Sono ancora qui a raccontare, come ho fatto tante volte, non per continuare ad annoiare come un anziano un po’ fissato, ma perché, come si dice, la gente non dimentichi quella tragedia nella quale non si è mai saputo di certo quanta gente ci abbia rimesso la vita.
E sono qui ancora a rievocare quei momenti come rigurgito alle stucchevoli dichiarazioni di queste ore di tanti politici di lungo corso a proposito di lavori che, dicono, presto partiranno e che, nel giro di pochi anni (dicono ancora) dovrebbero rendere Firenze finalmente al sicuro dal pericolo di nuove alluvioni.
In 48 anni, da quel 4 novembre 1966, sono stati fatti milioni di discorsi, sono stati fatti chissà mai quanti progetti, sono stati stanziati non si sa quanti miliardi di lire finiti chissà dove, per arrivare alla conclusione, come ho letto anche pochi giorni fa, che se si dovessero ricreare le condizioni di quel tragico novembre Firenze tornerebbe di nuovo sott’acqua: con i suoi morti, le sue case, le sue botteghe, le sue fabbriche, le sue immense opere d’arte, i suoi libri. Un’altra volta sotto l’acqua mischiata a fango e a tutto il resto.
In queste ore sono costretto ad ascoltare e leggere nuove promesse, nuovi impegni, altre migliaia di parole al vento, il lancio di nuovi progetti e nuove opere, altre rassicurazioni sui tempi dei lavori e della messa in sicurezza della città e di tutte le altre zone a rischio.
Su tutto quello che non è stato fatto (ma anche su altro) ho sollecitato e criticato tutti i politici della prima, della seconda e della terza (?) repubblica. Senza alcun successo. Per la salvaguardia di Firenze in quasi cinquant’anni non è stato fatto niente di niente e la città, in caso di forti piogge, rischia ancora tantissimo.
In attesa che qualcuno si decida a fare davvero qualcosa non solo per Firenze ma anche per tutte le altre città e zone a rischio alluvione (penso soprattutto a Genova, a tutta la costa fra la Liguria e la Toscana, alla Maremma) vorrei lanciare una irriverente proposta: quella di far diventare il 4 Novembre, fino ad oggi festa delle Forze Armate e anniversario dell’alluvione di Firenze, anche la giornata dei ciarlatani di Stato e delle ruberie d’Italia.
Una data e un anniversario a perenne memoria di tutte le vergogne che contraddistinguono il nostro amato Bel Paese.