L'Italia sulla luna

Il sogno scaduto della rottamata Rosy Bindi, il pragmatismo di Renzi

“Vincere” dev’essere davvero un verbo che fa inorridire la sinistra dem che ama crogiolarsi nelle sconfitte. Non è bastato il 5 a 0 rifilato dal Pd di Renzi agli avversari nelle ultime tornate elettorali. Non sono bastate le vittorie alle regionali in Emilia-Romagna e in Calabria. Certo, il partito ha perso 750.000 voti rispetto alle europee del maggio scorso (ma quand’è che tutti si decideranno a fare raffronti omogenei, regionali con le regionali e politiche con le politiche?) ma Oliverio in Calabria ha vinto alla grandissima e Bonaccini si è imposto in Emilia con una percentuale di voti (relativa al Pd) superiore a quella ottenuta da Vasco Errani nel 2010.

No, questi risultati che hanno testimoniato ancora una volta la buona salute del progetto renziano, non sono bastati a tranquillizzare un po’ Civati, Cuperlo, Fassina e il resto della triste compagnia, anzi li hanno fatti arrabbiare ancora di più.

Tanto è vero che due giorni dopo le elezioni in 29 si sono distinti alla Camera per non aver partecipato al voto o aver votato contro il Jobs act, il progetto sul lavoro portato avanti dal governo. E poi via con le dichiarazioni: dure parole di Cuperlo contro il presidente del Pd Matteo Orfini che ha osato definire “primedonne” alcuni dei protagonisti del gran rifiuto alla Camera. E poi ecco una lunga intervista rilasciata al Corriere dalla rottamata Rosy Bindi. Un fiume di parole quello emesso dalla Bindi, ribadito ieri sera su La7, che avrebbe potuto mettere di buonumore chiunque.

Sì perché la Bindi, dopo aver ovviamente rivolto critiche di ogni tipo al corso renziano (“E’ iniziata la sua parabola discendente”) ha detto in soldoni che bisognerebbe tornare all’Ulivo di una volta (e si ricorderà quanto ha dovuto sopportare il povero Prodi con al fianco dei ministri del suo governo che andavano in piazza a dimostrare contro di lui) o che, se questo Pd non cambia, ci sarà bisogno di una forza politica nuova, una forza a sinistra, riformista e plurale. Da mettere ovviamente in competizione, a suo dire, col futuro Partito della Nazione di Renzi.

Davvero inquietante questo progetto dell’onorevole Bindi, anche lei, con la sua presenza in parlamento da una ventina d’anni e il fatto di essere stata più volte ministro, responsabile del quasi fallimento che l’Italia sta attualmente vivendo.

No, l’onorevole Bindi non ha nessuna intenzione di mettersi un po’ da parte e vedere cosa sanno fare gli altri, ha voglia di continuare per la sua strada e, per fare questo, auspica un nuovo partito a sinistra.

Ma non c’è già un partito a sinistra di Renzi e del suo Pd che si chiama Sel?  E da quel partito guidato da Vendola non stanno emigrando in molti verso il Pd renziano? Che vuol fare Rosy Bindi, andare a rimpiazzare insieme a qualcuna delle primedonne della minoranza dem i transfughi di Sel e fare coppia col generoso Nichi?  Oppure vuol fondare, sempre insieme a quelle primedonne di cui si diceva, un nuovo partito di sinistra? Ma da collocare dove, fra Pd e Sel oppure addirittura alla sinistra di Sel? Congetture da ridere.

No, diciamolo sotto voce, il sogno vero di Rosy Bindi, la rottamata, sarebbe quello di cercare di riprendersi il Pd senza Renzi e ricollocarlo dove vuole lei, fra l’antica idea di Democrazia Cristiana, la Cgil della Camusso e la Fiom. Ma purtroppo per lei questo è un sogno con la data già scaduta. E Renzi che sta cambiando verso all’Italia non ha nessuno intenzione di assecondare le sue aspirazioni. 

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