L'Italia sulla luna

Roma, la grande bruttezza

Ho ancora davanti agli occhi le bellissime immagini de “La grande bellezza”, il film di Paolo Sorrentino premiato con l’Oscar. La magnificenza dei monumenti, il fascino di alcuni scorci, la dolce vita cinquant’anni dopo quella di Fellini fra palazzi straordinari, salotti, feste, trenini in terrazze affacciate sul Colosseo. E poi alla fine, la macchina da presa che scorre lentamente sul Tevere sotto i ponti della città eterna e offre emozioni da ricordare.

Ho davanti agli occhi quello che sta succedendo a Roma in questi giorni, con quell’inchiesta “Mafia Capitale” che sta squassando la città e le istituzioni con certi personaggi di destra, sinistra e centro tutti insieme uniti vergognosamente nel rapinare, arraffare, depredare soldi pubblici tra appalti truccati e quel mega business che si sta dimostrando l’accoglienza di Rom, rifugiati e immigrati. “Ce rendono più loro che la droga” dice uno dei tanti arrestati.  

Sorrentino da tutto questo dovrebbe fare un altro film, “La grande bruttezza”. Con barconi carichi di euro, un fiume di denaro pubblico che attraversa navigando sul Tevere la città da nord fino a Fiumicino.

E poi dietro quei barconi stracolmi di banconote (non si accettano né bancomat né carte di credito) altri barconi carichi di personaggi che sono lì a spartirsi il bottino di tante ruberie: camerati ed ex camerati che a Roma vanno ancora fortissimo e c’è perfino chi li glorifica, qualche rimasuglio della tristemente famosa Banda della Magliana, disoccupati che girano in Ferrari, tanti disperati, ex detenuti, tanti politici di destra e sinistra che devono arrotondare pingui stipendi di istituzioni pubbliche, vari impiegati a vario titolo in cooperative, società di comodo, tanti poveretti di varie etnie e vari colori che sono le vittime sacrificali di questa gente che vive sulle disgrazie altrui (ricordate il costruttore che rideva all’idea di quanti soldi avrebbe fatto col terremoto dell’Aquila?).

Un corteo di inquietanti figure e figurine, dai soprannomi imbarazzanti come “er cecato”, “lo spaccapollici” ed altri che giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto attraversa con l’arroganza dell’impunità, la città pronta ad offrire loro i suoi favori: l’aperitivo al bar importante, il tavolo riservato nei migliori ristoranti magari in compagnia di qualche starletta dello spettacolo, club esclusivi, il posto allo stadio, commercianti che non stanno certo a sottilizzare sulla tracciabilità di quella paccata di euro che gli viene recapitata, terrazze inondate di champagne e qualche striscia bianca.

Mi immagino questo nella futura “grande bruttezza” di Sorrentino o chi per lui.

Ma mi immagino, purtroppo, anche i lungotevere e le spallette dei ponti, da Ponte Milvio, al Duca  d’Aosta, al Garibaldi, affollati di gente: gente di ogni estrazione, operai, impiegati, artigiani, dipendenti pubblici, barbieri, professori, vari rappresentanti delle istituzioni e anche delle forze dell’ordine. E c’è chi applaude quel tristissimo corteggio che si svolge sul biondo Tevere, c’è chi mitizza, c’è chi invidia, chi vorrebbe essere al loro posto, chi rimugina dentro di sé se vale davvero la pena essere onesti.

E ci sono tanti ma davvero tanti, troppi che guardano e fanno finta di non vedere. Che sanno ma fanno finta di non sapere, che potrebbero intervenire ma non intervengono al grido romanesco “ma che te frega, vivi e lassa vive”.

Quello sul Tevere è un corteo che va avanti da chissà quanti anni  (la famosa “Roma ladrona” di Bossi che poi però tanto bene non si è comportato neanche lui).

Se fila tutto liscio nessuno si accorge (o fa finta di non accorgersi) di quello che succede sotto gli occhi di tutti, del collega, del compagno di partito, del compagno di lavoro: non ci si accorge di fortune improvvise, di vite dispendiose molto al di sopra dei mezzi apparenti (può un nullatenente girare in Ferrari?) di ville straordinarie, e feste senza fine.

Poi però ogni tanto qualcosa va storto, un rivoletto di denaro (obbligatoriamente in contante) non va nel verso giusto, qualcuno pesta i piedi a qualcun altro, qualcuno si pente, qualcuno vuol mettersi al riparo dalla galera, qualcuno non ci sta a fare il secondo, altri non stanno al loro posto. E allora salta tutto per aria. Arresti, indagati, processi, condanne irrisorie quando forse arriveranno. E poi la giostra potrà ricominciare. Ammesso che non si già ricominciata con altre figure e figurine che erano già pronte a subentrare da tempo.   

Signori, la “Grande bruttezza” è servita.         

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