L'Italia sulla luna

Ah, se i comunisti tornassero a fare i comunisti…

Racconta la mamma di Pippo Civati, Rossana (da sempre impegnata in politica, dal Pci al Pd): “In questo periodo cerchiamo di lasciarlo in pace, ma in un partito così non si può più stare”.

Conferma il giovane Pippo, uno dei leader della sinistra del Pd, uno che proprio non sopporta più il segretario Renzi: “I miei genitori vorrebbero che uscissi dal Pd. Ma io resisto”.

E davanti alla prospettiva che al Quirinale salga un personaggio deciso dall’accordo fra Berlusconi e il premier Renzi, aggiunge il guastatore del Pd che aiutò Renzi ad organizzare la prima Leopolda: “Io un presidente del Nazareno non lo voto. Esco, fondo un partito e lo chiamo Berlinguer”.

A parte il fatto che bisognerebbe sentire cosa possa pensare di un progetto del genere Bianca Berlinguer, la figlia del mitizzato Enrico, sembra proprio che Civati non ne possa più di avere un capo come il giovane Renzi che sta squassando tutta la vecchia maniera di fare politica. E che a forza di strattoni ha già incassato una riforma importantissima come quella del Jobs act e si appresta a segnare all’attivo anche la attesissima riforma elettorale.

Ma sono tanti oltre a Civati quelli della sinistra Dem  che sembrano arrivati al punto di non sopportazione: primo fra tutti Bersani, che dopo essersi dichiarato più volte fedele alla ditta, ora sembra aver rotto gli indugi e (in seguito a quello che è successo al Senato dove nella discussione sull’Italicum i voti di Forza Italia hanno rimpiazzato quelli dei dissidenti democratici) ha addirittura convocato una riunione dei parlamentari a lui vicini.  

E poi, dietro a Bersani, segue una sfilza di personaggi e interpreti (da Fassina a Gotor, da Chiti a Mineo, da Cuperlo a D’Attore a Cofferati e via dicendo) che non si sono ancora resi conto di essere minoranza nel Pd di Renzi e che, contro ogni logica democratica, vorrebbero contare all’interno del partito come se fossero maggioranza.

Una minoranza tutta o quasi proveniente dall’ex Pci o dalla sinistra più intransigente (ad eccezione della democristiana Rosy Bindi) che non si arrende all’idea che il muro di Berlino è caduto e che la stella del comunismo è tramontata perfino in Cina. Una minoranza che vorrebbe continuare a vivere nel passato, fra mediazioni e compromessi, scatenata nel no contro ogni riforma, ferma nel tempo e nel respingere ogni proposta di rinnovamento anche nella maniera di fare politica.

Personaggi e interpreti della sinistra di un Pd  (un partito nato otto anni fa dalla fusione a freddo fra ex comunisti e ex democristiani) che dopo essersi fatti fuori nel tempo a vario titolo Prodi, Veltroni, Rutelli, ora provano a farsi fuori Matteo Renzi, un segretario e premier che forse non risponde alle loro esigenze di ortodossia.

Ma il giovane Matteo, grazie anche ai suoi successi elettorali (e all’appoggio del presidente Napolitano nonché alla benevolenza di Berlusconi) finora si è dimostrato un ossetto piuttosto duro anche per loro e al momento non sono riusciti nell’ impresa anche se sono sempre pronti a disseminare di mine il cammino delle riforme intrapreso da Renzi.

Non essendo ancora riusciti nel loro intento, un giorno sì e l’altro pure, i sinistri Dem minacciano scissioni, minacciano di andarsene verso una comune casa dipinta di rosso acceso e piena di fervore marxista. Minacciano ma non lo fanno e molti dicono di voler continuare a combattere (comodamente) dall’interno. D’altra parte chi glielo dovrebbe far fare di uscire dal Pd: bene o male un posticino ben retribuito ce l’hanno, bene o male qualche intervistina riescono a rifilarla ai giornali e alle televisioni, bene o male un po’ di visibilità gli viene ancora offerta. Chi glielo fa fare di andare a inventarsi un partito nuovo, eleggersi un nuovo segretario, cercare nuove alleanze, vivere col pensiero della soglia di sbarramento che potrebbero trovarsi di fronte alle nuove elezioni?

No, via diciamolo, per i sinistri Dem meglio restare all’interno del Pd a fare la parte dei martiri, dei resistenti, a fare la parte dei duri e puri.

Eppure sarebbe bello se i comunisti una volta per tutte decidessero di tornare a fare i comunisti. Un chiarimento del  genere oltretutto sarebbe utilissimo anche per i poveri elettori italiani portati allo stremo da partiti in cui c’è tutto e di più.

Se uno, alle prossime elezioni, dovesse votare Pd a chi andrebbe a finire il voto? Andrebbe a rafforzare la causa di Renzi o quella di Bersani e dei resistenti? Un chiarimento è necessario quanto prima.    

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