Licenziare i “furbetti”? Il ministro Madia è in vena di scherzi
Generalmente è sempre così seria e compita. Generalmente dice le cose dimostrando di sapere di cosa parla. Generalmente. Ma evidentemente poche ore fa, Marianna Madia, ministro della Pubblica amministrazione di gentilissimo aspetto, forse stanca e annoiata dalla solita routine, era in vena di scherzi.
E così, se n’è uscita con una frase che ha fatto il giro di tutti i giornali e tutti i telegiornali: “Bisogna licenziare quei dipendenti pubblici che in maniera sistematica timbrano e poi non vanno a lavorare”.
Una frase che forse non meriterebbe neppure la pubblicazione, tanto è ovvio l’oggetto del contendere, ma che avrà sollevato chissà quante polemiche e prese di posizione. A cominciare da migliaia di sindacalisti che a quelle parole avranno avuto uno sbalzo di pressione e si saranno interrogati su come il ministro si possa permettere di uscirsene con parole del genere; a cominciare da quei supergarantisti per i quali i dipendenti pubblici, ma anche quelli privati, si possono permettere tutto o quasi, possono anche avere il privilegio di timbrare il cartellino e poi uscire per andarsene a giocare a tennis, a fare la spesa, a comparsi un paio di scarpe nuove, fare un salutino alla al bar degli amici. Il privilegio di non andare a lavorare e intascarsi lo stipendio.
Eh sì, da noi le cose vanno così. E non da ieri, e non da ieri l’altro quando a Sanremo è stato mandato ai domiciliari un bel manipolo di dipendenti del Comune che timbravano (o si facevano timbrare il cartellino da colleghi compiacenti) e andavano a fare tutt’altro. Il simbolo dello scandalo sanremese che ha fatto il giro del mondo è quel dipendente sorpreso dalla telecamera nascosta mentre timbrava in mutande e in ciabatte e poi se ne tornava nella confinante casa.
Ma cose di questo genere, dicevo, non vanno avanti da pochi giorni o pochi mesi o pochi anni. Vanno avanti da quando il lavoratore (pubblico, ma anche privato) ha capito che grazie a statuti, sindacati, leggi, giudici del lavoro, tribunali, tar e quant’altro possa offrire interpretazioni varie, qualunque cosa possa combinare non sarà (quasi) mai licenziato.
E perché allora al ministro Madia andava di scherzare quando ha detto quella frase? Perché sa perfettamente di aver pronunciato quelle parole solo per perdere tempo o per avere un titolo sui giornali. Perché in una certa parte del mondo del lavoro nessuno e poi nessuno riuscirà a rimettere le cose a posto, nessuno e poi nessuno riuscirà a scalfire l’impudenza di quelli che in queste ore vengono con troppa indulgenza indicati come i furbetti del cartellino.
La Madia sa tutto questo e anche lei nella sua dichiarazione è stata bene attenta ad usare i termini giusti. Cosa intende dire quando sottolinea che vanno licenziati quei dipendenti pubblici che in “maniera sistematica” timbrano e non vanno a lavorare? In cosa consiste per il ministro Madia la “sistematicità” dell’abuso commesso? Se il dipendente imbroglia lo Stato tutti i giorni va bene è da licenziare. E se invece imbroglia un paio di volte a settimana, se lo fa sei o sette volte al mese va bene? C’è o non c’è in questo caso la sistematicità?
Caro ministro non scherziamo e non facciamo battute ad effetto. E visto che è ministro si dia da fare insieme agli altri colleghi di governo a cambiare leggi che, prestandosi a troppe interpretazioni, spesso procurano danni enormi al Paese.
L’Italia, da quello che rubacchia in Comune a chi compie rapine, fa truffe, corrompe e si fa corrompere, spaccia, evade le tasse, entra in casa degli altri a spargere il terrore, ammazza, l’Italia che tutti i giorni va a finire sui giornali, è un Paese che per troppa tolleranza può finire davvero male. Un Paese dove oramai c’è la certezza del crimine, piccolo o grande che sia, ma non quella del diritto.