Referendum, ora Berlusconi preferisce la lentezza e le leggi-topolino
Quando sento il leader della Lega Salvini scatenarsi contro il referendum costituzionale di ottobre, beh, mi dico, fa il suo mestiere. Fa il suo gioco di oppositore al governo Renzi, tenta di dare una spallata al giovane premier, il cui principale difetto è quello di tentare di cambiare l’Italia in ogni maniera.
Stesse considerazioni quando sento parlare contro il referendum la pasionaria di FdI Giorgia Meloni che, sulle amministrative di Roma, dove si presenta come candidata sindaco, si gioca una bella fetta della sua carriera politica.
Quando ascolto Grillo, come si fa a non pensare ad un leader di un movimento a 5 stelle che si sarebbe impossessato dell’Italia se all’orizzonte non si fosse presentata la stella di Matteo Renzi che con le sue riforme e la sua voglia di rottamare ha tagliato l’erba sotto i piedi del comico e di tutti i grillini che speravano in quattro e quattr’otto (visti i fiacchi avversari) di arrivare ad abbeverarsi alla fontana di piazza Navona? Chiaro e giustificato (se vogliamo) il suo risentimento contro un premier che ha frenato le sue ambizioni di potere.
Faccio altre considerazioni quando assisto alle sparate contro il loro segretario e i suoi progetti referendari di quelli della sinistra Dem (Bersani, Cuperlo, Speranza i capifila). Considerazioni che, nella mia testa, si riducono praticamente ad una sola ragione: quella del timore di perdere il loro piccolo potere all’interno del partito.
Quando a criticare, ad essere sulle barricate in difesa della “Costituzione più bella del mondo” che non deve essere toccata neanche di striscio, e contro fantasiose derive autoritarie contenute nel progetto referendario, sono quelli di Sinistra Italiana spesso rappresentati da Stefano Fassina, beh, penso al corso della Storia e resto senza parole. E penso davvero che occorrerebbe qualche bravissimo esperto per spiegarci il comportamento e l’accanimento contro Renzi di certi personaggi che hanno deciso di abbandonare il Pd per cercare nuove strade lastricate di falci e martelli, di articoli 18, di lotta di classe, di dibattiti sulla guerra in Vietnam, di bandiere rosse.
Ma quello che, tra gli oppositori di Matteo Renzi e del referendum costituzionale, mi fa davvero innervosire è il cavalier Silvio Berlusconi, leader al tramonto di un partito (Forza Italia) in stato comatoso. Mi innervosisco davvero quando il Cavaliere in persona o qualcuno dei suoi (ormai pochi) scudieri si scagliano contro riforme sulle quali si sono messi più o meno d’accordo due anni fa col Patto del Nazareno. Che hanno votato più volte in parlamento, che hanno battezzato come necessarie anni addietro.
Ma come, si schiera contro le riforme di Renzi proprio il Cavaliere che quando arrivò a Palazzo Chigi, sembra un secolo fa, voleva rivoltare l’Italia come un calzino, voleva rilanciare con profondi cambiamenti (un po’ troppo profondi, diciamolo, tanto che vennero bocciati dagli italiani chiamati al referendum costituzionale) l’Azienda Italia?
Lui, Berlusconi, che parlava in continuazione della nuova architettura istituzionale che aveva in mente, che diceva che “con la Costituzione italiana, con l’architettura istituzionale del nostro Stato, questo paese è per tutti ingovernabile”.
Lui che si lamentava della sfinente lentezza che contraddistingue i lavori del nostro parlamento, lui che sottolineava la necessità di una nuova legge elettorale, quando parlando dei piccoli partiti diceva che “agiscono non per l’interesse comune ma guardando spesso al proprio interesse, che coincide con l’interesse dei propri leader”.
Ebbene proprio lui Berlusconi, che sognava di poter modernizzare l’Italia (e che dei suoi mancati successi ha incolpato più di una volta Bossi, Casini, Fini e compagnia cantante) ora si è schierato per il no.
Ora che finalmente (con l’Italicum) potrà succedere che una legge entri in parlamento come un elefante e non possa più uscirne (dopo letture, riletture e compromessi fra Camera e Senato) come un topolino… ebbene Berlusconi si è schierato per il no. Il Cavaliere, ora che forse anche Forza Italia sta per diventare un partito di dimensioni modeste, annuncia il suo voto contro il referendum e così facendo dichiara apertamente di preferire le lentezze del parlamento e le leggi-topolino.
Eh sì, le giravolte della politica sono infinite. E talvolta imbarazzanti, anche perché c’è internet a ricordarle tutte.