Quanti rigori ha sbagliato D’Alema. E ora pretende di insegnare a tirarli
Un amico caro (Claudio Montesano, erede per ironia, arguzia e leggerezza del mitico Flaiano) scrive sulla sua pagina Facebook: “In genere guidano taxi o tagliano capelli quelli che saprebbero come far funzionare l’Italia”. Condivido appieno. Quanti discorsi nel traffico inimmaginabile di Roma o durante spuntatine, sfumature varie e shampoo.
Mi permetto però di aggiungere una categoria fondamentale a quelle già segnalate dall’amico. Che è quella, importantissima, dei politici trombati.
Sempre più spesso mi capita di imbattermi o in talk show o in paginate di interviste, in gente che ha avuto per tanto tempo il potere fra le mani, che ha avuto enormi possibilità per incidere profondamente sulla vita degli italiani e che ha fallito. Personaggi che nonostante gli acclarati insuccessi ora pretendono di dare input definitivi all’attuale presidente del Consiglio Matteo Renzi o ne chiedono addirittura la testa perché ritenuto incapace.
Vedo sfilare idealmente davanti ai miei occhi e in ordine sparso i vari Mastella, appena tornato alla ribalta come sindaco di Benevento, i Tremonti, i Bossi, il convalescente Berlusconi, i Brunetta, i Bersani. Tutti con la loro bella ricetta per uscire dalla crisi, per rimettere in sesto l’Italia in quattro e quattr’otto, per fare le scarpe a Renzi, tutti (o quasi) con in tasca il loro bel “No” pronto per il referendum di ottobre o novembre, quando finalmente gli italiani potranno esprimersi sulle riforme costituzionali e sull’Italicum.
Fra i più inveleniti (e anche, chissà perché, tra i più ricercati dai media) contro l’attuale segretario del Pd nonché presidente del Consiglio, è Massimo D’Alema, in parlamento da una vita, già presidente del Consiglio, già vicepresidente del Consiglio, già ministro, già presidente del Copasir, già segretario nazionale del Pds, già segretario nazionale (anche se per pochi mesi) dei Ds, già un sacco di altre cose, attualmente presidente della fondazione Italianieuropei nonché produttore di vini.
Allora, questo signore nato nel 1949 e entrato per la prima volta alla Camera nel 1987 avrà fatto cose e visto gente? Avrà avuto voce parecchio in capitolo nelle politiche vicende italiane? Sarà stato determinante in alcune circostanze? Io penso di sì. La domanda successiva è questa: avete in mente qualcosa di significativo consegnato al popolo italiano dal già presidente D’Alema?
Io forse ho la memoria corta, ma non ricordo niente di significativo, niente di niente. Se non che lui insieme a tanti altri (ricordate quando alcuni ministri di sinistra scendevano in piazza per protestare contro il governo di cui facevano parte? Ricordate quanti sgambetti ha ricevuto il generoso Prodi da tanti nemichetti del suo Ulivo?) ha contribuito in maniera sostanziale, con le lotte interne, con le divisioni, con le liti in famiglia, all’arrivo dell’inconcludente (e spesso dannoso) centrodestra di Berlusconi. Andato avanti per troppo tempo.
E ora questo signore, così come tanti altri che potevano fare e non hanno fatto, ha il coraggio di inveire (come ha fatto anche poche ore fa) contro chi cerca di mettere una toppa a tutto ciò che la politica ha fatto negli anni precedenti?
Non scherziamo. Certo, l’articolo 21 della Costituzione garantisce a tutti libertà di pensiero e di espressione. E D’Alema è del tutto legittimato ad esprimere le sue opinioni. Però ci potrebbe risparmiare tutti i consigli per far uscire l’Italia dalle condizioni in cui è stata portata. E forse potrebbe essere più utile se, invece di criticare a prescindere, si mettesse al servizio del nuovo progetto politico di Renzi.
Tutte le volte che ascolto o leggo D’Alema o Brunetta o Calderoli (come due giorni fa) o Berlusconi, mi vengono in mente flash del campionato europeo di calcio appena concluso col trionfo del Portogallo: tutti loro hanno avuto a disposizione, sia nei tempi regolamentari durati anni che alla fine dei supplementari, decine di rigori con cui avrebbero potuto cambiare la storia d’Italia. Li hanno drammaticamente sbagliati tutti.
Potrebbe obiettare qualcuno che vuole rimanere nell’ambito degli Europei di calcio: hanno fatto come Pellé e Zaza? Non diciamo sciocchezze. Pellé e Zaza hanno sbagliato i loro rigori al termine di un campionato in cui hanno dato tutto: si sono impegnati, hanno combattuto, hanno dato l’anima, hanno fatto gruppo, hanno fatto squadra, hanno gioito e hanno sofferto insieme. E alla fine, davanti al portierone della Germania, hanno ceduto alla grande emozione. Cose che succedono anche ai migliori.
I politici di cui sopra hanno sbagliato i loro rigori per arroganza, supponenza, incapacità, menefreghismo, presunta superiorità. E poi, chiediamocelo, si sono davvero impegnati tutti insieme per aiutare l’Italia o ognuno ha tirato a vincere (e perdere) la propria personale partita? E qualcuno di questi personaggi non ha volutamente sbagliato qualche rigore?