Terrorismo, non è più il tempo di stare a guardare
Eh sì, i “giorni dopo” sono tutti uguali a se stessi. Il numero dei morti, le storie dei morti, quanti italiani, quanti francesi, quanti tedeschi, lo strazio per il numero dei bambini, c’è anche qualche musulmano tra le vittime, il numero dei feriti e quanti sono tra la vita e la morte.
Arrivano anche i dati sull’attentatore o sugli attentatori. Quello di Nizza che con quel camion lanciato a folle velocità tra la folla sulla Promenade des Anglais ha causato la morte di 84 persone, era un franco-tunisino nato vicino a Sousse in Tunisia, stava per divorziare, sembra non fosse neanche un grande frequentatore di moschee, che gli piacessero le donne, l’alcol, che non avesse rispettato neanche il Ramadan. Ma oltre alla rivendicazione dell’attentato arriva da parte dell’Isis anche la certificazione che Mohamed tal dei tali era un vero soldato del Califfato.
E poi ancora il dibattito, il famoso dibattito tanto caro alle case del popolo degli anni andati: siamo in guerra o non siamo in guerra, quella scatenata dall’Isis è una guerra di religione o non è una guerra di religione? E i cattolici cristiani che quasi ogni giorno devono contare i loro morti come devono reagire? Cosa devono fare? Devono avere paura o no? Devono modificare le loro abitudini o no? Devono continuare a comportarsi come se nulla fosse o no? Devono continuare a prendere gli aerei o devono stare a casa e muoversi in macchina, devono frequentare manifestazioni piene di folla o devono frequentare solo posti solitari?
Il dibattito è aperto. E a seguire, dietro queste e infinite altre inquietanti domande, miliardi di parole senza senso. Una palestra per chi è politicamente corretto, per chi viene annoverato tra i filosofi, i sociologi, tra gli esperti, tra i grandi pensatori, tra i grandi inviati, tra i grandi conferenzieri, capaci di prenderti il microfono e restituirtelo dopo un quarto d’ora se va bene, tra i “buonisti” e i “cattivisti”.
Parigi. Bruxelles, Istanbul, Iraq, Bangladesh, Nizza e prima ancora, negli anni, New York, Madrid, Londra varie altre località in America, e sempre lo stesso copione. Parole e ancora parole.
Bene, i sentimenti di vera pietà sono tutti per questi poveri innocenti che perdono la vita per opera di pazzi fondamentalisti islamici. Però dico anche che non seguirò più un dibattito, un talk show, non leggerò più un articolo su questi argomenti se sul tappeto non ci saranno proposte concrete per combattere questa che tanti spiriti belli non considerano una guerra.
Voglio proposte vere, partorite dalle menti più eccelse della politica mondiale. Non voglio più sentire frasi tipo non dobbiamo avere paura, non vinceranno mai, continuiamo a fare la nostra vita come se nulla fosse. E intanto si continua a morire.
Come cittadini europei io e tanti altri come me pretendiamo una iniziativa. Una qualsiasi ma che sia una risposta a questi infami attacchi che fanno strage di uomini, donne, bambini. Non voglio più assistere a scene del genere: centinaia di persone seppellite da qualcuno a cui la sua religione promette, per l’aldilà, beatificazioni e vergini da deflorare.
Voglio una proposta vera. Perché quello ammazza e va verso la beatitudine e centinaia e centinaia di famiglie di innocenti vengono lasciate nell’inferno terreno.
Non sollecito certo l’entrata in guerra in qualche deserto del mondo, ma ormai è necessario avere un’idea per difendersi da questi vili attacchi.
Negli anni Ottanta quella tragica piaga italiana denominata Brigate Rosse (anche se è un’inezia rispetto a quello che sta succedendo oggi sempre più spesso) venne debellata dalla legge sui pentiti. Tu, brigatista pentito o non pentito ma che non hai voglia di marcire in qualche galera, mi dici tutto quello che sai sull’organizzazione in modo che io la possa combattere, e ti assicuro una nuova identità, un nuovo posto in cui vivere, un lavoro e soldi.
Bisogna fare così anche coi terroristi dell’Isis. Nuove vite, soldi e tranquillità a chi collabora, a chi sa ma fino ad oggi non ha parlato, a mogli, fratelli, parenti e tanti altri che fanno finta di non vedere cosa stanno combinando il figlio, il marito, il cugino. I soldi non hanno colore e penso che anche tra i musulmani funzioni così.
Questo può essere un sistema. Oppure andare tutti a lezione di antiterrorismo in Israele e magari adottare un metodo sperimentato con successo dal governo di Gerusalemme: tu terrorista distruggi vite di israeliani e io Israele, anche se tu ti ammazzi nell’attentato, rovino la vita a tutti i tuoi familiari (che magari sapevano ma non hanno mai detto nulla) distruggendo case e confiscando beni.
Bisognerebbe inventarsi qualcosa del genere anche in Europa. Così tanto per inculcare nei cervelli malati di tanti jihadisti che mentre loro volano in cielo verso tutte le beatitudini promesse i loro cari, i loro parenti, restano qui a soffrire su una terra resa sempre più invivibile dalle loro folli azioni.